Sisto V fu il papa che in soli 5 anni di pontificato (1585-1590) lasciò un segno nella storia della Chiesa come tenace riformatore ed abile finanziere: uomo di ferro votato al potere assoluto, ma anche “rugantino” e “matto”, come lo definì G.G.Belli nel celebre sonetto “Papa Sisto“. Felice di Peretto nacque il 13 dicembre 1521 a Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno, da Piergentile di Giacomo, detto Peretto, e da Mariana di Frontillo di Camerino. In precedenza i due coniugi vivevano a Montalto ma nel 1518 ne furono cacciati in seguito all’occupazione delle truppe del duca di Urbino, Francesco Maria della Rovere, in lotta contro Leone X, e si trasferirono appunto a Le Grotte (oggi Grottammare). Felice all’età di 7 anni andò a scuola nel convento degli Agostiniani di Grottammare e vi restò fino al 1530, quando la famiglia ritornò a Montalto: allora il ragazzo fu affidato allo zio francescano fra’ Salvatore Ricci affinché proseguisse gli studi. Nel 1535 Felice vestì l’abito francescano, mantenendo il nome di battesimo, e nel 1536 emise i voti religiosi tra i Francescani Conventuali. Studiò a Ferrara e Bologna, imponendosi per la sua dialettica nelle complesse questioni teologiche; nel 1552, chiamato dal cardinale Rodolfo Pio da Carpi, predicò la Quaresima nella chiesa dei Ss.Apostoli. La permanenza a Roma, per volontà di Giulio III, gli permise di conoscere gli alti esponenti della Curia ed altre personalità come Ignazio di Loyola, Filippo Neri, Felice da Cantalice ed il cardinale Gian Piero Carafa. Nel 1557 Paolo IV lo nominò inquisitore a Venezia: inesorabile nella sua severità, non pochi lo criticarono anche in seno al suo stesso Ordine, ma poi fu nominato Presidente del Capitolo Provinciale della Provincia Veneta. In seguito alla morte di Paolo IV (1559), Felice, a causa della palese ostilità riscontrata nei suoi confronti, ritenne opportuno lasciare Venezia e si ritirò a Montalto fino al 22 febbraio 1560, quando il nuovo pontefice Pio IV gli rinnovò la stima e la nomina ad inquisitore di Venezia. Peretti fu ricevuto con difficoltà non solo in convento ma anche dal governo veneziano, che infatti rifiutò la sua designazione. Dopo lunghe trattative, nel giugno 1560, il papa revocò la nomina ed affidò l’Inquisizione veneta ai Domenicani. A Peretti invece venne assegnata una stanza nel convento dei Ss.Apostoli: fu nominato Consultore Teologo dell’Inquisizione romana e prestò giuramento nelle mani del cardinale Ghislieri il 16 luglio 1560. Nel settembre 1561 il papa lo nominò Procuratore Generale dei Francescani Conventuali, carica in cui fu confermato dal Capitolo Generale di Milano il 16 maggio 1562. Dal 1562 al 1564 Peretti insegnò teologia all’Università di Roma. Il 14 gennaio 1566 Pio V, da poco eletto alla Sede pontificia, nominò Peretti Vicario Generale dell’Ordine dei Francescani Conventuali con il compito di avviarne la riforma; successivamente, il 15 novembre 1566, fu nominato vescovo di S.Agata dei Goti. Il 17 maggio 1570 Peretti fu creato cardinale presbitero ed il 9 giugno ricevette il titolo della chiesa di S.Girolamo degli Illirici. Pio V gli elargì 500 scudi per le spese immediate e gli fissò un assegno annuo di 1.200 scudi, il cosiddetto “piatto” per i cardinali poveri. Con l’ascesa al pontificato di Gregorio XIII Boncompagni il cardinale Montalto, come il Peretti veniva comunemente chiamato a causa del suo paese di origine, conobbe un periodo di decadenza a causa di una vecchia ruggine con un esponente della famiglia pontificia. Allontanato dagli incarichi di Curia, si dedicò agli studi teologici, alla sistemazione della famiglia ed alla costruzione della sua celebre Villa. Il cardinale Montalto abitava infatti a vicolo dei Leutari (oggi via), ma nel giugno 1576 comprò la vigna Guglielmini, nella valle tra il Viminale e l’Esquilino, presso la basilica di S.Maria Maggiore. Gran parte del denaro sborsato derivava dalla dote di Vittoria Accoramboni, moglie del nipote Francesco, cosicché il contratto fu fatto a nome della sorella del cardinale, Camilla. Nel gennaio 1578 il cardinale Peretti regolarizzò l’acquisto comprando la vigna dai suoi parenti e nel 1580 raddoppiò il fondo mediante l’acquisizione di altre due vigne adiacenti. Nel frattempo incaricò l’architetto Domenico Fontana di disegnare e realizzare un grande casino sulla prima area. Nel febbraio 1581 la costruzione attirò l’attenzione di Gregorio XIII il quale, indignato con il committente, gli tolse l’assegno destinato ai cardinali poveri. In seguito alla morte di Gregorio XIII, avvenuta il 10 aprile 1585, la sera del 21 aprile, giorno di Pasqua, si aprì il conclave. Narra la leggenda che il cardinale Montalto si presentò in conclave curvo, malandato e sostenuto dalle stampelle affinché si credesse che fosse una persona priva di energia, quindi facilmente malleabile, e soprattutto che la sua elezione sarebbe stata di breve durata. Stavolta forse la storia non si discosta molto dalla leggenda perché sembra certo che il cardinale Montalto si accordò con l’influente cardinale Ferdinando de’ Medici e con Luigi d’Este in un’alleanza che non poteva avere rivali. Felice Peretti fu eletto infatti all’unanimità il 24 aprile 1585 all’età di 64 anni e fu incoronato il 1° maggio con il nome di Sisto V, in ricordo di Sisto IV, già membro dell’Ordine francescano (nella foto 1, stemma papale di Sisto V).
Proclamò subito un solenne Giubileo, inaugurando una prassi continuata dai suoi successori. Secondo la consuetudine, Sisto V provvide a sistemare i suoi familiari. La sorella Camilla, rimasta vedova tra il 1559 ed il 1560, dopo che Felice era stato nominato vescovo di S.Agata dei Goti si era trasferita a Roma presso di lui con i due figli Francesco e Maria Felice. Quest’ultima nel 1572 aveva sposato un piccolo commerciante, di nome Fabio Damasceni, dal quale aveva avuto due figli, Alessandro e Michele, e due figlie, Flavia e Orsina. Dopo la morte di Maria Felice, il Peretti ne aveva adottato i figli, dando loro il suo cognome e facendoli educare in casa di Lucrezia Salviati, moglie di Latino Orsini. Con l’elezione a pontefice, Sisto V continuò ad estendere la proprietà della sua Villa, che giunse a coprire un’area di 160 acri tra le Terme di Diocleziano e la porta S.Lorenzo, ad est della basilica di S.Maria Maggiore: era la vigna più estesa all’interno delle Mura Aureliane. Nel 1586 Sisto V donò la villa a sua sorella Camilla, che ne mantenne il possesso fino alla morte avvenuta nel 1605. La riorganizzazione degli uffici della Curia romana all’insegna della rigida severità fu una delle misure più importanti di Sisto V: il 3 dicembre 1586, con la bolla “Postquam verus”, il papa riformò il Collegio cardinalizio, dandogli la struttura che avrebbe sostanzialmente mantenuto durante quasi quattro secoli. Il 27 aprile 1585 confermò il cardinale Giovanni Francesco Biandrate di San Giorgio, noto per la sua severità, nella carica di Governatore di Roma, che ricopriva dal 1583. Il 30 aprile 1585 fu ripristinato un editto che comminava la pena di morte a chi portava determinate armi. Per coordinare la lotta al brigantaggio venne istituita una Congregazione composta dai cardinali Giovanni Girolamo Albani, Antonio Carafa e Antonio Maria Salviati, con il compito di ristabilire l’ordine all’interno dello Stato e rivedere i processi fatti da Gregorio XIII in materia di titoli feudali, in quanto la privazione di feudi aveva ridotto molti nobili in miseria o li aveva spinti verso il banditismo. Il 1° luglio 1585 fu emanata una costituzione contro la nobiltà e le comunità protettrici dei fuorilegge, che rinnovava tutte le disposizioni analoghe emesse a partire dal tempo di Pio II e vietava ai baroni ed alle comunità pontificie di accogliere i banditi, mentre faceva loro obbligo di perseguirli attivamente. I risultati dei primi mesi di lotta si possono intuire dal noto avviso del 18 settembre 1585, secondo cui in quell’anno erano state esposte più teste di banditi a ponte S.Angelo che meloni al mercato. Tra il 1585 ed il 1590 furono celebrati davanti al tribunale del Governatore di Roma 49 processi contro i banditi ed i loro fautori: vi trovarono la morte nomi leggendari come il prete da Guercino, Giovanni Valente, Lamberto Malatesta; sopravvisse invece, grazie alle numerose connivenze, Alfonso Piccolomini. La severità e la risolutezza dimostrata nei confronti della giustizia e della sicurezza gli valsero l’appellativo di “er papa tosto” e naturalmente non poté sfuggire alle pungenti battute satiriche di Pasquino: tra le tante, vogliamo narrarne una. Si racconta che un tale di nome Attilio Blaschi, reo di avere barbaramente ucciso a Bologna un cugino con la moglie e due figlioletti, vivesse da 36 anni impunemente a Firenze, dove si era rifugiato dopo aver commesso il reato. Sisto V colse l’occasione di un favore chiestogli dal Granduca di Toscana e si fece consegnare l’omicida, al quale fu tagliata la testa in piazza di Ponte S.Angelo. Era il 1581 e le due statue di S.Pietro e di S.Paolo, poste all’ingresso di ponte S.Angelo, furono rinvenute, la prima vestita con cappotto e stivaloni, la seconda con un cartello che così diceva:
– “Pietro, dove vai?”
– “Vado via da Roma. Ho paura che Sisto, il quale va rimescolando processi tanto antichi, voglia far vendetta dell’orecchio che 1580 anni fa tagliai a Malco, nell’orto di Getsemani”.
E Paolo:
– “Allora farò bene anch’io a cavarmela, perché non vorrei m’imputassero le mie persecuzioni contro i cristiani”.
Sisto V diede particolare importanza anche alla politica fiscale: suo costante impegno fu quello di accrescere le riserve, ritenute indispensabili per far fronte alle emergenze e rendere possibile l’incremento delle arti e delle scienze, nonché un grande sviluppo edilizio di Roma e provincia. Realizzò ingenti capitali con la vendita di Uffici, la fondazione di nuovi Monti dei Pegni e l’imposizione di nuove tasse: da segnalare che Sisto V, non fidandosi dei funzionari locali, reclutò come esattori delle tasse suoi fidati compaesani marchigiani, da cui il detto, tuttora in voga a Roma, “mejo ‘n morto drento casa, cche ‘n marchisciano fori ‘a porta”. Sulla scia dei suoi predecessori, Sisto V emise una serie di provvedimenti per moralizzare la vita pubblica. Il 5 gennaio 1586 emanò una bolla diretta contro l’astrologia e la superstizione, alla quale seguirono numerosi provvedimenti contro alcuni giochi, la bestemmia, l’immoralità, le scommesse e le trasgressioni del riposo festivo. Il papa inflisse la pena di morte ai rei di adulterio, di incesto, di aborto, nonché della diffusione di calunnie, che colpì in modo particolare gli scrittori di avvisi. Ulteriori provvedimenti furono presi nei confronti delle prostitute. Nel maggio 1585 si proibì loro di risiedere in Borgo e successivamente si cercò di confinarle nell’Ortaccio, nei pressi del porto di Ripetta, come aveva già voluto fare Pio V. Il tentativo fallì ed il papa dovette accontentarsi di proibire alle meretrici l’accesso alle strade principali della città, le uscite in carrozza e le uscite di casa dopo il tramonto. Il 28 gennaio 1586 fu pubblicato il “Bando per li Palii”, che regolamentava le celebrazioni del Carnevale romano, nell’intento di prevenire atti di violenza. Come alternativa al tradizionale Carnevale, con la bolla “Egregia populi Romani pietas” del 13 febbraio 1586, propose il pellegrinaggio alle Sette Chiese, che tradizionalmente si svolgeva il giovedì grasso, regolamentandone lo svolgimento e le tappe: a tal proposito, sostituì la chiesa di S.Sebastiano, troppo decentrata ed esposta agli attacchi dei briganti, con S.Maria del Popolo. Un caso particolare di regolamentazione furono i provvedimenti nei confronti degli ebrei. La bolla “Christiana pietas” del 22 ottobre 1586 abolì le disposizioni emanate da Pio V nel 1569 e consentì agli ebrei di stabilirsi in tutte le città dello Stato pontificio, permettendo loro di intraprendere nuovamente ogni genere di commercio, anche con i cristiani. Inoltre, questi ebbero il permesso di riaprire le sinagoghe, di avere cimiteri propri, non furono più obbligati a portare segni distintivi, non potevano essere resi schiavi né battezzati a forza. Tutti i maschi ebrei furono obbligati a presenziare al sermone 6 volte l’anno e fu imposta loro la “cazaga”, una tassa che dava diritto di residenza. L’allargamento del Ghetto, stabilito nel 1589 mediante l’inclusione del settore di “via Fiumara”, è indice della crescita della comunità, che durante il pontificato di Sisto V arrivò a contare 200 famiglie. La crescita della popolazione produsse l’elevazione di molti edifici esistenti e l’aumento degli affitti, di cui beneficiò, tra gli altri, la sorella del papa Camilla Peretti, proprietaria di immobili situati nel Ghetto. Dopo che Pio IV ebbe designato la zona di Monte Cavallo come area di espansione per la città, cominciarono a sorgere alcune ville signorili, la più importante delle quali fu la dimora papale del Quirinale, fatta iniziare da Gregorio XIII. La scarsità d’acqua poteva pregiudicare l’espansione e così papa Boncompagni commissionò il progetto di un acquedotto a Matteo Bertolini di Città di Castello: Sisto V, appena eletto, ordinò l’inizio immediato dei lavori. Il progetto prevedeva il riutilizzo dell’acquedotto Alessandrino e quindi Sisto V comprò dai Colonna la sorgente presso Pantano Borghese, ad una ventina di chilometri da Roma, dove l’acquedotto iniziava, ed affidò la supervisione dei lavori ad una Congregazione presieduta dal cardinale Alessandro de’ Medici. In seguito agli errori di progettazione di Bertolini, il papa lo licenziò e affidò la direzione dell’opera a Domenico Fontana, coadiuvato dal fratello maggiore Giovanni, tecnicamente più esperto. L’acquedotto, che fu chiamato Acqua Felice dal nome di battesimo del papa, fu completato nell’ottobre 1589 ed al punto d’arrivo, presso la “via Pia“, dove l’acqua veniva distribuita alla città, Domenico Fontana costruì una grandiosa mostra nota come fontana del Mosè. Sisto V concepì per Roma un programma di sviluppo urbano incentrato attorno alla basilica di S.Maria Maggiore: costruì dapprima il rettifilo che congiungeva la basilica Liberiana con Trinità dei Monti, iniziato durante l’estate 1585 ed aperto al traffico nell’autunno del 1586, detto, dal nome di battesimo del pontefice, “strada Felice” (attuali via Sistina, via delle Quattro Fontane e via Agostino Depretis). Dall’altro capo, la strada fu prolungata da S.Maria Maggiore fino a S.Croce in Gerusalemme (attuali via Carlo Alberto, via Conte Verde e via di S.Croce in Gerusalemme). Un’altra strada fu aperta, anche se già progettata da Gregorio XIII, per collegare S.Maria Maggiore con S.Giovanni in Laterano, ovvero via Merulana. Da S.Maria Maggiore fu costruita ancora una strada rettilinea fino alla colonna di Traiano, corrispondente all’attuale via Panisperna. Fu poi costruita un’altra strada rettilinea dal Laterano al Colosseo (via di S.Giovanni in Laterano), un’altra che congiunse il Colosseo al Circo Massimo (via di S.Gregorio) per proseguire oltre, fino all’Aventino, e ne fu progettata un’altra che congiungesse il Colosseo con il Quirinale (mai realizzata). Connessa con il progetto di tracciare strade rettilinee fu l’idea di erigere obelischi sormontati da croci in punti significativi della città. Il primo ad essere ricollocato, riprendendo un’idea di Niccolò V, fu l’obelisco egiziano che, sotto la supervisione di Domenico Fontana, il 10 settembre 1586 fu innalzato al centro di piazza S.Pietro e consacrato il 14, festa dell’esaltazione della Croce. Negli anni successivi furono innalzati altri obelischi, sempre scegliendo date significative per la loro inaugurazione: il 15 agosto 1587, festa dell’Assunzione, l’obelisco dinanzi a S.Maria Maggiore, il 10 agosto 1588, festa di S.Lorenzo, quello presso S.Giovanni in Laterano, il 24 marzo 1589, vigilia dell’Annunciazione, quello al centro di piazza del Popolo. Nella stessa ottica di cristianizzazione delle antichità romane va vista anche la collocazione delle statue bronzee di S.Pietro e di S.Paolo sulla sommità, rispettivamente, delle colonne di Traiano e di Marco Aurelio, il 28 settembre 1587 ed il 27 ottobre 1588. Nel 1585, appena elevato al pontificato, Sisto V concepì il progetto di ricostruire il Palazzo del Laterano, risultante da successive aggiunte medievali. Il complesso fu demolito ed al suo posto Domenico Fontana costruì il maestoso Palazzo Lateranense, terminato nell’estate 1589. La scala principale del “Patriarchium“, conosciuta dalla tradizione come Scala Santa, fu collocata in un edificio apposito, terminato nel 1589, mentre sul lato settentrionale della basilica, sopra l’ingresso laterale, fu costruita la Loggia delle Benedizioni a cinque archi, inaugurata da Sisto V in persona nel 1588. A questo grande papa si devono anche altre due importanti opere, ancora oggi in uso, realizzate da Domenico Fontana: la costruzione di un nuovo palazzo, “amplissimo, salubre e di severo decoro”, per la residenza dei papi in Vaticano e la residenza estiva del pontefice a Monte Cavallo. Il nome di Sisto V è particolarmente legato alla basilica di S.Maria Maggiore nella quale, nel 1573, aveva fatto costruire su disegno dell’immancabile Domenico Fontana un monumento funebre per il papa francescano Niccolò IV. Nel 1581 il cardinale Peretti chiese ai canonici di S.Maria Maggiore di costruire la sua cappella gentilizia nell’oratorio del Presepe, ma per le resistenze del Capitolo i lavori poterono iniziare solo nel 1585, ovvero tre mesi dopo l’elezione pontificia di Sisto V.
Le pareti della Cappella Sistina, decorate da marmi preziosi provenienti dal Septizodium, ospitano i monumenti funebri di Pio V e di Sisto V (nella foto 2 la statua di Sisto V) progettati da Domenico Fontana. Nel frattempo, sotto la direzione di Giacomo della Porta, proseguivano i lavori della basilica di S.Pietro: questi condusse a termine la costruzione dell’abside secondo il disegno di Michelangelo e nel dicembre 1588 iniziò la costruzione della cupola, la cui ultima pietra fu collocata il 14 maggio 1590. Al costo di 1500 scudi a settimana, 800 operai, lavorando giorno e notte, completarono l’opera: il 21 maggio 1590 un Bando pontificio annunciò che “A sua perpetua gloria et a vergogna de’ suoi precedessori, il nostro Santo Papa Sisto V ha terminato il voltamento della cupola di S.Pietro”. Altre chiese durante il pontificato di Sisto V furono oggetto di trasformazioni più o meno profonde: tra esse vanno ricordate S.Girolamo degli Illirici, antico titolo del cardinale Peretti, che fu ricostruita dalle fondamenta, e S.Paolo fuori le Mura, inclusa nell’itinerario delle Sette Chiese. Il rinnovamento urbano ed architettonico di Roma avvenne anche a spese delle antichità romane, quali il “Septizodium“, come sopra accennato, mentre non mancò di suscitare polemiche l’idea di distruggere la tomba di Cecilia Metella o il progetto di trasformare il Colosseo in officine e abitazioni. Sisto V morì il 27 agosto 1590 al calar della sera nel palazzo del Quirinale, colpito da febbri, all’età di 68 anni. Appena si sparse la notizia del decesso, la folla si riversò nelle strade ed espresse il suo malcontento nei confronti del passato governo cercando di abbattere la statua del papa, opera di Taddeo Landini, eretta dal Senato nel palazzo dei Conservatori. La notte seguente il cadavere del pontefice fu trasportato in S.Pietro per essere provvisoriamente sepolto presso la cappella di S.Andrea. Il cuore venne deposto nella chiesa dei Ss.Vincenzo ed Anastasio, situata a poca distanza dal palazzo del Quirinale, inaugurando un’abitudine continuata fino a Leone XIII. L’anno seguente, il 26 agosto, il cardinale Alessandro Montalto (nipote di Sisto V) fece seppellire solennemente i resti dello zio nel sepolcro che si era fatto preparare nella basilica di S.Maria Maggiore.