La Basilica di S.Agnese fuori le Mura è situata sulla via Nomentana e sorge tra alcuni edifici paleocristiani comprendenti un cimitero, vaste catacombe ma soprattutto la cripta dove la martire tredicenne Agnese fu sepolta nel 304 d.C. La storia narra che Agnese, rea di avere rifiutato il figlio del prefetto di Roma, venne denunciata come cristiana: condotta tra le prostitute nel lupanare ricavato nei fornici dello Stadio di Domiziano, fu esposta nuda per ordine dell’imperatore Diocleziano, ma i capelli della giovane crebbero miracolosamente tanto da coprirle interamente il corpo. Nessuno osò più violare la sua verginità dopo che l’unico che ci provò cadde fulminato ai suoi piedi; gettata nel fuoco, questo si spense dopo le sue preghiere e fu così allora che venne trafitta da un colpo di spada alla gola, nello stesso modo in cui si uccidevano gli agnelli. Il suo corpo venne deposto nel cimitero sulla Nomentana, mentre sul luogo del martirio, a partire dall’VIII secolo, venne costruita una piccola chiesa, più volte ricostruita ed infine sostituita nel 1652 dalla maestosa chiesa di S.Agnese in Agone. La più antica testimonianza letteraria che ricorda la santa è contenuta nel primitivo documento della Chiesa romana, anteriore al 336, chiamato “Depositio Martyrum“: il testo ricorda che il “dies natalis” di Agnese, ovvero il giorno del suo martirio e della sua resurrezione a nuova vita, era il 21 gennaio.
La cosiddetta Basilica Costantiniana fu costruita nel 342 d.C. da Costanza, figlia dell’imperatore Costantino, sopra un terreno di famiglia, presso il luogo di sepoltura della martire Agnese, della quale Costanza era molto devota perché, secondo la tradizione, venne guarita dalla lebbra dopo avere pregato sulla sua tomba. La basilica, realizzata accanto e non sopra la tomba della martire, era qualcosa di molto diverso da ciò che oggi intendiamo per basilica: in sostanza era una sorta di cimitero coperto di grandi dimensioni (circa m 98 x 40), utilizzata, probabilmente, come luogo di banchetto funebre e di messa annuale in occasione dell’anniversario del martirio di Agnese e dotata, secondo il “Liber Pontificalis“, di ricche suppellettili liturgiche, tra cui vasi preziosi, lampadari, lucerne d’oro e d’argento. La basilica era del tipo detto “circiforme”, per la somiglianza con la pianta di un circo, con le navate laterali che, anziché terminare in corrispondenza della parete di fondo, proseguivano in un semicerchio, seguendo l’abside; la navata centrale custodiva, in corrispondenza dell’abside, un’aula absidata, larga 5,70 metri, di incerta funzione: secondo alcuni potrebbe trattarsi del vero luogo di sepoltura di Costanza.
Dell’antica basilica costantiniana oggi rimangono soltanto pochi ruderi, come il grande muro perimetrale ben visibile dalla Piazza Annibaliano, dove si possono notare i suoi alti contrafforti a gradoni poggianti su sostruzioni (nella foto 1), mentre dell’area interna resta soltanto un prato (nella foto 2): né tetto, né pavimentazione, né colonne che probabilmente furono riutilizzate per la successiva chiesa onoriana. Tutto ciò che possiamo ammirare oggi sono una successione di grandi finestre rettangolari (singolarmente interrotte al centro della curva absidale da un oculo sovrapposto ad una feritoia) inserite nelle mura realizzate in “opus vittatum“, ossia in fasce orizzontali simili a bende (“vittae“) di blocchi tufacei alternate a mattoni. La basilica costantiniana fu abbandonata probabilmente nel VII secolo, quando Papa Onorio I fece costruire l’attuale basilica “ad corpus”, ovvero direttamente a ridosso del corpo della martire, che sostituì sia l’originaria sistemazione del sepolcro di Agnese che il “Liber Pontificalis” attribuisce a Papa Liberio, sia la successiva piccola basilica fatta costruire da Papa Simmaco. La presenza del corpo della santa in una galleria al primo piano delle catacombe, unito alla volontà di non rimuoverne il corpo (in osservanza alla proibizione della Chiesa Romana di manomettere i luoghi di sepoltura, per prevenire la dispersione delle reliquie), ebbero come conseguenza la realizzazione di una basilica seminterrata, con il pavimento allo stesso livello della tomba: solo il livello superiore emergeva fuori terra. L’accesso alla basilica avveniva tramite una galleria che correva su tre lati (il matroneo), in corrispondenza delle navate laterali e del nartece, oppure tramite una scala, come tuttora avviene, anche se l’attuale scala marmorea, colma di frammenti marmorei ed iscrizioni provenienti dalle catacombe, fu realizzata soltanto nel 1590. Anche l’attuale facciata principale della chiesa (nella foto sotto il titolo), con le sue tre porte di ingresso, fu realizzata successivamente, dopo opportuni lavori di sbancamento, e precisamente nel 1600 per volontà del cardinale Alessandro Ottaviano de’ Medici.
L’interno di S.Agnese fuori le Mura (nella foto 3), preceduto da un nartece, presenta tre navate divise da colonne antiche di recupero, probabilmente appartenenti alla precedente basilica costantiniana, con magnifici capitelli corinzi; al piano soprastante corre il matroneo con colonne del VII secolo ed una copertura con volte a crociera del 1855, che sostituì il soffitto realizzato tra il XVI ed il XVII secolo.
Contemporaneo alla costruzione della chiesa è il bellissimo mosaico absidale (nella foto 4) dove S.Agnese, rappresentata come un’imperatrice bizantina, viene raffigurata con i simboli del martirio ai piedi, ovvero il fuoco e la spada, ed è affiancata dai pontefici Onorio, che reca il modello della nuova basilica, e Simmaco, l’ultimo restauratore dell’edificio costantiniano. Bellissimo è anche il rivestimento marmoreo dell’abside, realizzato con cipollino spartito da paraste di porfido.
Il ciborio secentesco (nella foto 5), retto da colonne antiche di porfido, anch’esse riutilizzate, copre l’altare, sotto il quale vi sono i resti delle sante Agnese ed Emerenziana (sorella di latte di Agnese) contenuti in un reliquario d’argento, fatto realizzare da Paolo V nel 1615, calato direttamente, per motivi di sicurezza, all’interno della cella, che diveniva così praticamente inaccessibile.
Oggi è possibile osservare il reliquario da vicino, attraverso una piccola grata (nella foto 6), scendendo in un corridoio sotterraneo curvilineo realizzato nel 1950: sul reliquario è presente l’iscrizione “PAULUS V PONT MAX UT SS AGNETIS ET EMERENTIANAE CORPORA HONOREFICIENTUS CONDERENTUR ARCAM HANC ARGENTEAM FIERI IUSSIT IN EAQ(UE) SACRAS RELIQUIAS COLLOCAVIT A D MDCXV PONT XI“. Sopra l’altare si trova invece una piccola statua di S.Agnese, opera di Nicolas Cordier del 1605, eseguita su una scultura antica di alabastro orientale agatizzato, probabilmente una matrona romana, alla quale lo scultore aggiunse testa, mani, piedi e veste di bronzo dorato. L’antico pavimento musivo di tipo cosmatesco della navata centrale fu sostituito nel 1728 da uno in mattoni, a sua volta sostituito nel 1856, per volontà di Papa Pio IX, con i marmi avanzati dal nuovo pavimento della basilica di S.Paolo fuori le mura. La navata è coperta con un bellissimo soffitto a lacunari risalente al 1606, realizzato per volontà del cardinale Paolo Emilio Sfondrati. L’ingresso a S.Agnese fuori le Mura, situato al civico 349 della Via Nomentana, un portale inquadrato da due colonne e sormontato da un affresco e dall’iscrizione “PIUS IX PONT MAX EREX(IT) A D MDCCCLVI“, immette in un cortile situato tra gli edifici del convento, abitato, in tempi diversi, da monaci o monache fino al 1480, anno in cui fu affidato ai religiosi di S.Ambrogio di Milano, sostituiti nel 1489, per volontà di Innocenzo VIII, dai Canonici Regolari della Congregazione di S.Salvatore di Bologna, detta “Renana”, unitasi poi con quella Lateranense nel 1823.
La presenza di una massiccia torre medioevale (nella foto 7), quadrata e merlata (oggi coperta dal tetto), lascia intendere che il complesso di S.Agnese fuori le Mura venne fortificato durante il periodo medioevale in modo da resistere ad eventuali attacchi esterni, visto anche l’isolamento in cui a quei tempi si trovava. La torre ospita anche un orologio solare, con il quadrante di forma circolare, realizzato in ferro su cui è riportata la linea equinozionale e 10 linee orarie senza cifre.
Sempre dalla Via Nomentana si può apprezzare il bel campanile (nella foto 8), addossato all’abside della Basilica di S.Agnese fuori le Mura, composto di due opere murarie sovrapposte. La parte inferiore, eseguita a blocchi di tufo intervallati da filari di mattoni con frammenti marmorei sporgenti, presenta una forma di tozza torre con finestrelle rettangolari ed una arcuata, ora chiuse; la sua datazione si potrebbe collocare all’epoca di Pasquale II che, nel 1122, affidò la custodia della basilica a monache benedettine. Al di sopra si eleva invece la parte fatta costruire dal cardinale Giuliano della Rovere (1480-1490), composta da due ordini di bifore in travertino su archetti a pieno centro, del tipo in voga alla metà del XV secolo, su progetto forse di Baccio Pontelli. Il cardinale de’ Medici nel 1600 ed i Canonici nel 1696 fecero consolidare il campanile puntellandolo con rozzi speroni, poi demoliti in occasione dei restauri del 1972-1973. La cella campanaria ospita tre campane, la più antica fusa da Giovanni Giardini nel 1707, quella piccola fusa nel 1769, la più recente eseguita nel 1973 dalla Fonderia Lucenti. Le catacombe, alle quali si accede da un ingresso situato presso il nartece, sono distese su 3 livelli in 4 regioni, delle quali l’unica precostantiniana è la “regio I“. Databile alla seconda metà del III secolo questo settore, nel quale va localizzata la tomba di Agnese, presenta un consistente taglio avvenuto a causa dell’inserimento della basilica onoriana semipogea. Caratteristici i formulari delle iscrizioni funerarie, improntati a particolare semplicità, indicanti il grado di parentela, dalla grafia molto curata e dalla presenza dell’aggettivo “dulcis” al nome dei defunti; la presenza delle cosiddette “tombe a mensa”, costituite da una nicchia a forma di rettangolo allungato che corona un’arca scavata nel tufo. Le altre regioni sono più tarde e si sviluppano a partire dal IV secolo. Della “regio II” si può dire ben poco perché fu quella maggiormente flagellata dai corpisantari, ovvero quei cercatori di reliquie che penetravano nei cimiteri cristiani con lo scopo di individuare ed estrarre “corpi santi”. Tale procedura non fu esente da abusi e da interventi anche clandestini mirati all’asportazione di oggetti di valore, che causarono naturalmente gravi danni ai monumenti interessati. La “regio III“, che si sviluppa dietro l’abside della basilica onoriana e verso nord, venne scavata a partire dagli inizi del IV secolo ed utilizzata almeno fino alla fine del secolo stesso. Questa venne trovata praticamente intatta perché sepolta sotto tenaci strati di limo che ne preservarono l’integrità.
Numerosi oggetti provenienti da questa “regio” furono trasferiti ai Musei Vaticani: ancora in situ si trovano l’epigrafe di un tale “Petrus“, con a fianco l’immagine dell’apostolo Paolo (nella foto 9); un’insegna con l’iscrizione “in hoc signo Sirici vinces” ispirata al famoso motto costantiniano e, cosa abbastanza curiosa e singolare, la figura di un prosciutto; un cubicolo doppio contenente l’epitaffio dell’alumna Sabina, che volle essere sepolta sopra la tomba del genitore adottivo; un’iscrizione metrica in cui la figlia defunta esorta i genitori a non piangere sulla sua sorte beata. L’ultima “regio“, la IV, fu scavata nel 1972 dal barnabita padre Umberto Maria Fasola. Lo scavo, che si rivelò particolarmente interessante, interessò anche la zona dell’atrio della soprastante basilica costantiniana, mettendo in luce una necropoli pagana con numerosi mausolei, databili a partire dalla metà del II secolo d.C. Questi, composti da una camera funeraria nel sopratterra e da due stanze ipogee, alle quali si accedeva da una scaletta, erano decorate con lo schema a linee rosso-verdi, che ne conferma la datazione tra il II ed il III secolo. Da questa “regio” derivano diversi reperti interessanti, come la più antica iscrizione di queste catacombe con l’epitaffio di un tale “Sisinnius” datato 341; una statua femminile in marmo scuro, elegantemente abbigliata ma priva di testa e braccia, un bel frammento di vetro dorato, probabilmente un medaglione, in cui si è conservata una figura maschile, il cui nome, “Felix“, è indicato a fianco, ed altri piccoli oggetti rinvenuti affissi sulle tombe cristiane. Del culto della santa praticato presso la sua tomba rimane, come prima testimonianza in ordine cronologico, un pluteo marmoreo che reca al centro la figura della martire orante, abbigliata con una dalmatica, la tunica bianca corta e aperta ai lati portata dai Romani: appartiene all’originaria sistemazione del sepolcro da parte di Papa Liberio ed oggi si trova murato lungo lo scalone che conduce al nartece della basilica. Il 12 aprile 1855 nella basilica si verificò un evento miracoloso: durante una visita di Pio IX si ebbe lo sprofondamento della canonica ed il papa ne uscì incolume con tutto il suo seguito.
A ricordo dello scampato pericolo nel 1858 fu affisso, all’interno di una stanza adattata a cappella, un affresco di Domenico Toietti raffigurante “L’evento miracoloso occorso a Pio IX“, così come la statua di S.Agnese collocata, per espressa volontà del pontefice, nella nicchia di Porta Pia. Il 21 gennaio di ogni anno nella chiesa vengono benedetti due agnelli e con la loro lana si confeziona un “pallium” (una stola bianca portata dal papa, dai patriarchi e dai vescovi che discende dal mantello di lana bianca degli antichi Greci e poi dei Romani) che il papa dona poi agli arcivescovi di nuova nomina. Il Mausoleo di S.Costanza (nella foto 10), a pianta circolare, venne edificato all’inizio del IV secolo a ridosso della grande basilica costantiniana come sepolcro per l’Imperatore Costantino e le figlie Costanza ed Elena. La cupola ed il tamburo, sul quale si aprono 12 finestre centinate con transenne, sono sorretti da archi poggianti su 12 coppie di magnifiche colonne in granito, anche queste ricavate da un precedente edificio di epoca romana.
L’ambulacro, che gira intorno alla parte esterna dell’arcata, presenta una volta a botte decorata con stupendi mosaici del IV secolo, i quali conservano i caratteri dell’arte musiva romana, ovvero il fondo bianco, la composizione geometrica ed i motivi ornamentali, rappresentanti frutta, fiori, animali, uccelli e persino alcune scene di vendemmia: nei pannelli ai lati dell’ingresso vi sono ritratti Costanza ed il marito Annibaliano. In una nicchia all’estremità opposta dell’entrata vi è una copia del sarcofago di Costanza: l’originale, in porfido rosso e decorato con bassorilievi, fu trasferito ai Musei Vaticani nel 1790.
Nelle due nicchie maggiori poste al centro delle curve laterali vi sono due scene a mosaico della fine del IV secolo che testimoniano il primato della chiesa di Roma sulla cristianità: la “Consegna delle Chiavi” (nella foto 11) e la “Consegna del Rotolo della Legge a S.Pietro e Paolo” (nella foto 12). Il mausoleo divenne prima battistero della basilica onoriana e poi trasformato in chiesa nel 1254, intitolata a S.Costanza. Destino davvero singolare per un mausoleo e per una chiesa, nel XVII secolo divenne un ritrovo di artisti fiamminghi riuniti in un’associazione denominata Bentvogels (uccelli della banda), anche in conseguenza del fatto che una credenza tipicamente umanista identificava l’edificio come il tempio dedicato a Bacco. In occasione dell’ammissione di un nuovo membro nell’associazione si celebrava la “festa del battesimo”, cosicché, dopo aver festeggiato per tutta la notte, all’alba i bentvogels si recavano al Sepolcro di Bacco (il sepolcro di porfido di Costanza) per un’ultima libagione: quest’uso, definito troppo pagano dall’autorità pontificia, venne proibito nel 1720 da Papa Clemente XI.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Agnese fuori le mura di G.Vasi
S.Agnese fuori le mura di C.W. Eckersberg