La chiesa di S.Nicola in Carcere (nella foto sopra) sorge nell’area dell’antico “Foro Olitorio”, dal latino “olitorius”, il mercato dei legumi, degli ortaggi e delle verdure, alle spalle del quale si sviluppava il Porto Tiberino con i suoi magazzini.
In età repubblicana, tra il III ed il II secolo a.C., al centro della piazza vi furono costruiti i tre templi di Giano, della Speranza e di Giunone Sospita. Con l’ausilio della piantina 1 possiamo osservarne la posizione e la struttura.
Il “Tempio di Giano” (A) era posto sulla destra della chiesa di S.Nicola in Carcere, più vicino, quindi, al Teatro di Marcello e sorgeva su un podio in opera cementizia rivestito di travertino; la struttura meglio conservata è sul lato sud, nei sotterranei della chiesa. Il tempio, lungo circa 26 metri e largo 15, era periptero sine postico (mancante cioè del colonnato sul lato posteriore), con una gradinata frontale che permetteva di accedere al pronao costituito da una doppia fila di sei colonne ioniche sulla fronte e otto sui lati lunghi, rivestite interamente di peperino, capitelli e basi compresi: sette del lato meridionale, incastrate nel muro della chiesa, e due del settentrionale, poggianti sul podio, sono ancora in piedi, ben visibili nel prato a destra della chiesa e nella foto 2. Il tempio fu costruito da Caio Duilio durante la Prima Guerra Punica e restaurato da Tiberio nel 17 d.C.
Il “Tempio della Speranza” (B), invece, era posto sulla sinistra della chiesa di S.Nicola in Carcere e fu costruito da Atilio Calatino nel corso della Prima Guerra Punica, restaurato nel 212 a.C. e poi nel 17 d.C. da Germanico. Il tempio, lungo circa 25 metri e largo 11, era preceduto da una scalinata che permetteva di raggiungere il pronao, costituito da colonne in travertino, anche se originariamente stuccate a finto marmo, sei sulla fronte ed undici sui lati lunghi: sei del lato lungo settentrionale sono ancora al loro posto, inglobate nel muro esterno della chiesa (nella foto 3), quello rivolto verso il Palazzo dell’Anagrafe.
Il “Tempio di Giunone Sospita” (C) invece sorgeva proprio dove ora sorge la chiesa e fu costruito tra il 197 ed il 194 a.C. da Caio Cornelio Cetego. Lungo circa 30 metri e largo 15, il tempio era un edificio periptero ionico, esastilo, con triplice fila di sei colonne sul lato anteriore, doppia fila di sei colonne sul posteriore ed undici sui lati lunghi. Il podio era preceduto da una scalinata in travertino (la stessa per la quale oggi si accede alla chiesa) con la platea dove era situato l’altare. Dell’edificio restano, oltre al podio (visibile nei sotterranei della chiesa), la parte inferiore in travertino della gradinata frontale situata davanti alla chiesa, tre colonne con capitelli ionici della fronte del pronao inglobate nella facciata e nella cappella del battistero, all’interno, verso l’abside, tratti di muro della cella ed alcune colonne della cella che oggi dividono le tre navate della chiesa (nella foto 4). S.Nicola in Carcere è una delle più antiche diaconie di Roma, già esistente nel VI secolo; all’inizio del XII secolo il Liber Pontificalis ne fa menzione indicando Pasquale II quale fondatore della diaconia cardinalizia, periodo al quale risalgono il cero pasquale, la schola cantorum e la sedia episcopale. La chiesa fu ricostruita nel 1128, sotto il pontificato di Onorio II, e dedicata a S.Nicola dalla comunità greca che viveva nelle vicinanze, particolarmente devota al santo.
L’origine del termine “in carcere” è piuttosto incerta: l’opinione più comune è che derivi dalla presenza di una prigione di epoca medioevale, alimentata poi dal ritrovamento dei piccoli ambienti (nella foto 5) rinvenuti sotto il Tempio di Giunone Sospita, molto simili a piccole celle, mentre in realtà si trattava degli uffici dei cambiavalute che operavano per i numerosi commercianti che frequentavano il Foro Olitorio. Sicuramente, in epoca medioevale, i sotterranei vennero utilizzati come cimitero, come testimoniano tuttora i resti ben visibili dei defunti. Ristrutturata da Alessandro VI nel XV secolo, fu ricostruita nel 1599 da Giacomo Della Porta, su commissione del cardinale Pietro Aldobrandini, epoca alla quale risale la facciata. Nel 1865 fu nuovamente restaurata per volere di Pio IX finché nel 1932, nel corso del “rinnovamento” della zona, furono distrutti gli edifici medioevali che la circondavano, lasciandola isolata dal contesto circostante. La facciata, ad un solo ordine, è movimentata da attico, timpano e rosone, sormontato dall’iscrizione che ricorda il cardinale Pietro Aldobrandini ed affiancato dai due bassorilievi raffiguranti “S.Nicola” ed i “Santi Marco e Marcellino“. Il massiccio campanile che affianca la chiesa fu ricavato da una preesistente torre appartenente alle fortificazioni dei Pierleoni: all’interno vi suonano le campane che Guidotto Pisano fuse nel 1286. L’interno, a tre navate con un magnifico soffitto ligneo a lacunari, custodisce, nella navata destra, la meravigliosa opera raffigurante la “Trinità ed Angeli” di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, ed un’antica iscrizione del 1088 con l’elenco dei doni fatti alla chiesa al tempo di Urbano II.