L’edificio, iniziato da Giulio Cesare e terminato da Augusto, occupò una parte del lato curvo del “Circo Flaminio“, costruito, quest’ultimo, nel 221 a.C. da Caius Flaminius Nepos e che si estendeva nella zona compresa tra il Teatro di Marcello, il Tevere, piazza B.Cairoli e via del Portico di Ottavia. Il “Circo Flaminio” sin dall’inizio fu un monumento legato alla plebe (qui si svolgevano i “Concilia plebis“) e tutt’intorno ad esso si andarono addensando una serie di portici e di edifici templari, alcuni dei quali duplicazioni di quelli già esistenti nella zona, tipicamente plebea, dell’Aventino e del Foro Boario. Nel corso del I secolo d.C. fu trasformato in una grande piazza lastricata, senza perdere però le sue funzioni e la sua importanza, tanto che il suo nome fu assegnato alla “IX regio augustea, Circus Flaminius“. I lavori per la costruzione del Teatro di Marcello erano già terminati nel 17 a.C. quando l’edificio fu utilizzato per i giochi secolari, ma la dedica avvenne solo nel 13 a.C., a Marcello, figlio di Ottavia, sorella di Augusto, ma anche marito della sua unica figlia, Giulia.
Nipote e genero dunque, e forse prescelto anche per la successione ma morto prematuramente. Fu il giorno dell’inaugurazione che si verificò l’incidente popolarmente noto: mentre gli attori si presentavano sulla scena, la “sella curulis“, sulla quale era seduto l’imperatore, si ruppe, provocando un bel capitombolo dell’augusto personaggio. Tra l’ansia dei senatori e del popolo, Augusto si rialzò sorridente e con un gesto della mano ordinò che si riprendesse la rappresentazione. La facciata esterna della cavea, tutta in travertino (nella foto 1), era costituita, in origine, da 41 arcate inquadrate da 42 pilastri. L’altezza originaria era di metri 32,60 circa (quella conservata è poco più di 20). Sulle chiavi dei fornici vi erano grandi maschere teatrali in marmo. Si è calcolato che la cavea potesse contenere circa 15.000 spettatori. La scena, che doveva essere monumentale e riccamente ornata, era affiancata da due aule con absidi (di quella di sinistra rimangono ancora in piedi un pilastro ed una colonna) ed aveva, nella parte posteriore, una grande esedra. In esso si tennero non solo spettacoli teatrali ma, come dettava la moda del tempo, gare di poesia e musicali. Nella Roma cristiana, soppressi gli spettacoli teatrali, anche il teatro cadde in abbandono e divenne, come molti altri monumenti antichi, cava di materiale edilizio (si narra che venne utilizzato anche per restaurare ponte Cestio). Molto del materiale demolito crollò sullo spazio antistante la riva del Tevere formando un’altura da cui è nato il toponimo di Monte Savello.
Nel XIII secolo i Fabi edificarono sulle rovine del teatro un palazzo, passato poi ai Pierleoni, ai Savelli ed infine agli Orsini: nella foto 2 possiamo vedere le case di proprietà dei Savelli ancora esistenti alle spalle del Teatro di Marcello, in via del Portico di Ottavia. In alcune fotografie d’epoca possiamo notare che le arcate inferiori del teatro divennero sede di botteghe di artigiani, in prevalenza “macellarii“. Negli anni 1926-1932, nel meritevole progetto di rivalutare il Teatro, vennero demolite le abitazioni costruite intorno e dentro le arcate ma, soprattutto, vennero demolite abitazioni e chiese medioevali, colpevoli di nascondere il teatro stesso agli occhi dei cittadini, “gran parte dei quali ne ignorava perfino l’esistenza”. Sparirono così “via della Bufola”, “l’arco dei Saponari”, “vicolo della Campana”, “Monte Caprino”, “via Tor de’ Specchi”, “S.Maria in Vincis”, una chiesa medioevale rifatta nel Seicento, “S.Andrea de Vincis” rifatta nel Settecento, “S.Nicola de’ Funari” con begli stucchi settecenteschi, ma soprattutto l’antica “piazza Montanara” (nella foto 3), uno degli ambienti popolari più famosi di Roma, dove un tempo sostavano gli scrivani pubblici e si davano convegno i contadini provenienti dalla campagna.
La piazza, che prendeva il nome dalle preesistenti proprietà di una nobile famiglia Montanari, aveva una forma irregolare: la parte alta, dinanzi al Teatro di Marcello, aveva come fondale un blocco triangolare di edifici, dai quali poi la piazza si allungava, allargandosi, verso la chiesa di S.Nicola in Carcere, dalla quale era divisa soltanto da un modesto edificio. Qui, al centro della parte bassa della piazza, si trovava una graziosa fontana cinquecentesca a stelo con doppio bacile, opera di Giacomo Della Porta, trasferita poi nella piazza di S.Simeone. Durante la risistemazione del Teatro tornarono alla luce i “Templi di Apollo Sosiano” e “di Bellona”, antistanti il Teatro di Marcello. Il “Tempio di Apollo Sosiano” (cosiddetto perché ricostruito interamente da Gaio Sosio nel 34 a.C.) fu costruito nel 431 a.C., in seguito ad una pestilenza e perciò dedicato ad “Apollo Medico”, poi demolito ed arretrato in occasione della costruzione del Teatro. Il podio, costruito in calcestruzzo e blocchi di tufo e travertino, misurava m 21,32 x 40 e sosteneva il tempio pseudo-periptero, ovvero caratterizzato da 7 semicolonne addossate ai muri esterni della cella, con il pronao costituito da 6 colonne sulla fronte e 3 sui lati.
Sul podio del tempio poggiano oggi le tre magnifiche colonne corinzie (nella foto 4), rialzate dopo lo scavo, alte complessivamente poco più di 14 metri, con scanalature più grandi e più piccole alternate e sormontate dall’architrave con un fregio ad intreccio di rami d’ulivo e bucrani (nella foto 5).
Il frontone era decorato con una scena di “Amazzonomachia” (“lotta dei Greci e delle Amazzoni”) con statue di marmo pario, forse provenienti da un tempio greco di Eretria, databili al V secolo a.C.: nove di queste statue, tra le quali compaiono “Atena”, “Ercole”, “Teseo” ed “Amazzoni a cavallo”, sono conservate nella sede della Centrale Montemartini su via Ostiense. L’interno della cella, articolato in una doppia fila di edicole riccamente ornate da colonnine di marmo policromo e timpani triangolari e lunati inquadrati da colonne di marmo africano e capitelli corinzi, era un vero e proprio museo, pieno di opere d’arte che i Romani avevano portato dalla Grecia nel II secolo a.C.: pitture di Aristide di Tebe, statue di Philiskos di Rodi, “l’Apollo con la cetra” di Timarchides ed una statua di “Apollo Saettante”, che, nonostante rifacimenti in età imperiale, rivela ancora la sua origine greca, databile alla metà del V secolo a.C. Nel tempio si svolgevano spesso riunioni del Senato, come nel vicino santuario di Bellona. Questo, costruito da Appio Claudio Cieco nel 296 a.C., mantenne le strutture del podio e quelle del portico: qui si svolgeva il rito della “lancia insanguinata”, scagliata sopra la “columna bellica” in occasione della dichiarazione di guerra.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Piazza Montanara di G.Vasi
Teatro di Marcello di L.Rossini
38-Teatro di Marcello di E.Du Peràc