Via in Publicolis prende il nome dalla chiesa di S.Maria in publicolis che quivi sorge e che si affaccia su piazza Costaguti. La chiesa, ricordata fin dal XII secolo, era denominata “S.Maria de publico“, probabilmente per la vicinanza con la “Porticus Minucia Frumentaria“, l’edificio preposto al “frumentum publicum“, ovvero alla distribuzione gratuita, a chi ne aveva diritto, della razione di grano. Dopo una prima ricostruzione della chiesa nel 1465 ad opera dei Santacroce, questa fu ricostruita nel 1643 da Giovanni Antonio De Rossi per volontà del Cardinale Marcello Santacroce: fu in questa occasione che, divenendo giuspatronato dei Santacroce, la chiesa assunse l’attuale forma e titolo, in riferimento alle origini vantate dalla famiglia di discendere nientedimeno che dall’antico console romano Publio Valerio Publicola, che combatté contro il re etrusco Porsenna. La chiesa si presenta divisa in tre ordini: in quello inferiore due colonne inquadrano il portale di accesso, sopra il quale è situato un affresco sormontato da un timpano spezzato curvilineo, mentre quattro paraste affiancano le due nicchie laterali. L’iscrizione “DEIPARAE VIRGINI IN PUBLICOLIS MDCXLIII“, ovvero “Alla Vergine in Publicolis Madre di Dio 1643”, separa l’ordine inferiore da quello centrale, dove è situato un finestrone centrale sormontato da un timpano spezzato. Il terzo ordine presenta invece una vetrata colorata sormontata da un timpano curvilineo sopra al quale svetta una croce. L’interno si presenta a navata unica sulla quale si aprono due cappelle per lato: numerose lastre tombali e diversi monumenti, opera di Giovanni Battista Maini (1690-1752), evidenziano come la chiesa sia stata una vera e propria cappella gentilizia dove furono sepolti i membri della famiglia Santacroce.
Nella foto 1 il monumento funebre realizzato dall’artista per Scipione Publicola di Santacroce, duca di Sangemini e principe di Oliveto. La presenza in Via in Publicolis di questa famiglia non si limita soltanto alla chiesa, ma prosegue con il bel palazzetto quattrocentesco che incorpora una torre (nella foto 2) posta ad angolo con via di S.Maria del Pianto. I Santacroce risultano presenti a Roma dall’anno Mille, abitando nel rione S.Angelo sin dal XII secolo: piuttosto rissosi e turbolenti, si trovarono spesso coinvolti in guerre baronali e violente risse, soprattutto con la famiglia dei Margani, tanto che Sisto IV (1471-84) li cacciò da Roma e distrusse le loro abitazioni.
Con l’avvento al soglio pontificio di Innocenzo VIII, i Santacroce poterono tornare a Roma e fu così che pochi anni dopo, non più tardi del 1501, Antonio Santacroce fece costruire il palazzetto sui resti delle case demolite. Gli anni successivi videro i Santacroce affermarsi sempre più nella società romana, con senatori e conservatori in Campidoglio, ma soprattutto con quattro cardinali, il primo dei quali fu il celebre Prospero Santacroce, al quale viene attribuito il merito (o il demerito) di aver introdotto a Roma l’uso del tabacco, che inizialmente fu chiamato appunto “Erba Santacroce”. Il palazzo venne costruito, secondo l’uso dell’epoca, con una bella, vistosa ed aggressiva torre d’angolo: questa presenta, nelle fasce in travertino alla base, un caratteristico bugnato a punta di diamante, al contrario del resto della casa che si presenta fasciata da lastre lisce di travertino. L’aggressività della torre venne in parte diminuita a seguito di una seicentesca sopraelevazione che smussò lo slancio dominante della torre sul resto dell’edificio. Sulla porta principale e sulle finestre appare ancora la firma del rifondatore della casa, “ANTONIUS DE SANCTACRUCE F(ECIT)“.