Piazza di S.Luigi de’ Francesi prende il nome dalla omonima chiesa (nella foto sopra) che quivi sorge, anche se un tempo, prima della costruzione della chiesa, era denominata “Piazza Saponara”, dai fabbricanti di sapone che si erano stabiliti in questa zona. La storia della chiesa inizia nel 1478, allorché Papa Sisto IV donò alla Colonia Francese di Roma una parrocchia che fu dedicata alla “Concezione della Beata Vergine Maria, a S.Dionigi e a S.Luigi, Re di Francia” (patroni della Nazione Francese) ed istituì una Confraternita con il medesimo nome, primo nucleo della Congregazione dei Pii Stabilimenti Francesi, che tuttora amministra le fondazioni religiose della nazione. La costruzione della nuova chiesa iniziò nel 1518, per volontà del cardinale Giulio de’ Medici (futuro Papa Clemente VII), sotto la direzione di Jean Chenevières, anche se, dopo una sospensione dei lavori, fu completata soltanto nel 1589 da Domenico Fontana su disegno di Giacomo Della Porta. La facciata rivestita di travertino, divisa in due ordini ed in cinque campate per mezzo di lesene, è sormontata da un timpano triangolare con lo stemma di Francia.
L’ordine inferiore presenta un grande portale, inquadrato da due colonne e sormontato da un timpano triangolare spezzato, ed altri due ingressi minori e nicchie con statue di Carlo Magno (nella foto 1) e di S.Luigi (nella foto 2, ovvero Luigi IX, Re di Francia), opere di Pierre Lestache.
Sotto le due statue vi sono due tondi in pietra all’interno dei quali vi è raffigurata la salamandra coronata e circondata dal fuoco: l’animale, secondo un’antica leggenda ritenuto immune dal fuoco, fu scelto da Francesco I che lo pose al centro del suo emblema personale con il motto “NUTRISCO ET EXTINGUO“, ovvero “nutro (il fuoco buono) ed estinguo (quello cattivo)”. Infatti il tondo sottostante la statua di Carlo Magno (nella foto 1) riporta proprio questo motto (seppur modificato in “EXTINGO“), mentre l’altro tondo sottostante la statua di S.Luigi (nella foto 2) riporta il motto “ERIT CHRISTIANORUM LUMEN IN IGNE“, ovvero “Sarà la luce dei cristiani nel fuoco”. L’ordine superiore presenta invece una grande finestra con balaustra, nicchie con statue di S.Clotilde e di S.Giovanna di Valois, anch’esse opere di Pierre Lestache, e due finestre laterali.
L’interno (nella foto 3) è a tre navate, scandite da massicce arcate separate da pilastri, definite lateralmente da cinque cappelle per lato, concluse da un profondo presbiterio e coperte da un’elaborata volta a botte.
Presso l’altare maggiore, un olio su tela della fine del XVI secolo realizzato da Francesco Dal Ponte il Giovane, detto il Bassano, raffigura l’Assunzione di Maria (nella foto 4).
Notevoli sono le altre opere d’arte ivi conservate, come i famosi quadri del Caravaggio conservati nella Cappella Contarelli, dal nome italianizzato del cardinale francese Mathieu Cointrel. Le tele, realizzate tra il 1597 ed il 1602 e dedicate a S.Matteo in omaggio al nome del committente, appartengono alla piena maturità del Caravaggio e rappresentano il momento più alto e compiuto della sua produzione, quello in cui il luminismo, ovvero l’uso drammatico e violento della luce e delle ombre, raggiunge il suo massimo intento realistico.
La “Vocazione di S.Matteo” (nella foto 5) raffigura cinque personaggi seduti in una stanza intorno ad un tavolo. A sinistra un giovane è chinato sul piano ed è intento a contare le monete sparse di fronte a sé. Alla sua sinistra si trova un uomo più anziano che osserva con attenzione l’attività del giovane. Al centro un altro uomo con una folta barba osserva i nuovi entrati ed indica alla sua sinistra. Sulla destra siedono due adolescenti, uno di spalle con una divisa scura con le maniche a strisce bianche ed una lunga spada al fianco sinistro; l’altro ragazzo, seduto di fronte, indossa una divisa gialla e rossa ed un cappello con piume bianche. Tutti e due guardano i due uomini entrati da destra.
I due uomini sono Gesù, identificato con un’aureola, e l’Apostolo Pietro che, con la mano destra, indica uno dei personaggi seduti intorno al tavolo. Gesù, invece, indica chiaramente verso il fondo e chiama a sé il futuro Apostolo Matteo. Cristo e Pietro indossano tuniche e mantelli mentre gli altri personaggi abiti contemporanei alla realizzazione del dipinto.
In alto, una finestra con gli scuri aperti ed i vetri anneriti ed opachi. La luce, che proviene dall’alto a destra, simboleggia la luce della misericordia divina.
Il dipinto raffigura il momento, narrato nei Vangeli, in cui Gesù incontra Matteo, impegnato nel suo lavoro, e lo invita a seguirlo nella predicazione. Matteo era un esattore delle tasse, ma nel dipinto non è chiaro chi sia Matteo: tradizionalmente, si ritenne che fosse l’uomo con la folta barba che indica se stesso come per dire “state chiamando me?”, mentre recentemente è stata proposta l’ipotesi che Matteo sia il ragazzo seduto a capotavola intento a contare i soldi e che l’uomo con la barba non indichi se stesso ma il ragazzo alla sua destra.
“S.Matteo e l’Angelo” (nella foto 6) raffigura S.Matteo seduto allo scrittoio mentre l’angelo appare per ispirare la narrazione del Vangelo che prenderà il suo nome. S.Matteo, impegnato nella scrittura del suo Vangelo, volge la testa verso l’angelo ed ascolta le sue indicazioni. Il Santo è riprodotto in una posizione precaria, appoggiato con le braccia al tavolo e con la gamba piegata sullo sgabello. L’angelo computa con le dita e si rivolge in basso verso l’anziano evangelista.
Il “Martirio di S.Matteo” (nella foto 7) raffigura la scena del martirio del Santo. Un uomo, vestito solamente da un panno che gli cinge la vita, è ritratto nell’atto di colpire S.Matteo sdraiato a terra. Con la mano sinistra afferra il polso di S.Matteo e con la destra brandisce la spada. Il Santo, in basso, indossa una tunica bianca coperta da paramenti scuri ed il suo sguardo è rivolto verso alto, in direzione dell’angelo che gli porge la palma. I personaggi che affollano il quadro sono probabilmente i fedeli presenti durante la Messa, alla fine della quale si svolge la drammatica scena; sulla destra, un ragazzo scappa mentre altri uomini escono di scena sulla sinistra: uno di questi, sullo sfondo con la barba, è lo stesso Caravaggio che osserva la scena.
Nella seconda cappella della navata sinistra, quella dedicata a S.Cecilia, vi sono affreschi del Domenichino che illustrano le “Storie della vita di S.Cecilia” e la pala d’altare con “S.Cecilia” di Guido Reni (nella foto 8); tra le tombe è da segnalare il Sepolcro di Pauline de Beaumont, morta di tisi nel 1805, innalzatole dallo scrittore François-René de Chateaubriand.
A destra della chiesa, e ad essa annesso, vi è il Palazzo di S.Luigi dei Francesi, costruito tra il 1709 ed il 1716 su progetto di Matteo Sassi e Carlo Francesco Bizzaccheri e destinato “a dar ricovero alla comunità religiosa francese e ai pellegrini senza risorse”; la facciata, molto semplice, presenta finestre architravate. La facciata principale del palazzo si affaccia su Via di S.Giovanna d’Arco dove al pianterreno apre un maestoso portale (nella foto 9) e varie porte di rimessa ad arco ribassato; al primo piano le finestre sono architravate con decorazione a festoncini con giglio di Francia, mentre al secondo piano il timpano delle finestre è formato da volute con ghirlande e corona reale.
Il portale è sovrastato da un balcone con grande finestra (nella foto 10) , inquadrata da due colonne ioniche e sovrastata da un movimentato timpano mistilineo al centro del quale svetta lo stemma con il triplice giglio e la corona reale di Francia. Il prospetto su Piazza Madama fu completamente trasformato da Luca Carimini in occasione dei lavori di ristrutturazione dell’edificio che si ebbero tra il 1882 ed il 1888 e presenta pilastri e colonne doriche con un lungo fregio; al primo piano le finestre sono architravate e decorate con candelabri.
Il prospetto su Corso del Rinascimento presenta aperture al pianterreno ad arco ribassato con giglio e due portaletti, ambedue con gigli, uno dei quali (nella foto 11) presenta un’iscrizione del 1627 relativa al pontificato di Urbano VIII ed al regno di Luigi XIII, sovrastato da una piccola nicchia: questo era l’ingresso dell’ospizio eretto, come si legge nell’iscrizione, dalla “Congregazione dei curiali di S.Luigi”, sotto il rettorato di Girolamo de Cothereau e Tommaso Vibo. All’interno del palazzo vi è un cortile con portico nel quale è situato un busto raffigurante il Cristo che proviene dalla demolita chiesa di “S.Salvatore in Thermis” e che, secondo la tradizione, raffigurerebbe un figlio di Vannozza Cattanei, ossia Cesare Borgia.
Sul versante opposto di Piazza di S.Luigi de’ Francesi vi sono due edifici adiacenti: al civico 34 vi è il Palazzo degli Stabilimenti Spagnoli (nella foto 12), la struttura originaria del quale risale al Cinquecento, quando fu costruito per don Pedro Aranda, vescovo di Cathorra, trasformando un edificio trecentesco acquistato dal prelato nel 1491. Nel 1562 l’edifico fu acquistato dalle Opere Pie della chiesa di Santiago e fu destinato ad accogliere i pellegrini spagnoli a Roma. Tra il 1742 ed il 1744 fu completamente trasformato assumendo l’aspetto attuale a tre piani, senza particolari decorazioni, con un modesto portale cui fa da architrave il balcone del primo piano. La sopraelevazione centrale è ottocentesca; oggi il palazzo è di proprietà del Senato della Repubblica Italiana ed è stato restaurato nel 1989.
L’altro edificio, situato al civico 37, è Palazzo Patrizi (nella foto 13), la struttura originaria del quale risale ad una modesta casa che Gaspero dei Garzoni di Jesi acquistò nel 1512 da Alfonsina Orsini e che venne modificata in una serie di lavori svoltisi ad intervalli, nel contesto di un susseguirsi di compravendite dell’edificio operate dai suoi eredi. Nel 1605 il palazzo fu acquistato da Olimpia Aldobrandini, che acquistò anche un edificio adiacente, proprietà dell’Arciconfraternita della Carità e dell’Ospedale della Consolazione. La nuova padrona fece unire i due edifici in un’unica costruzione, commissionandone la facciata, che venne completata nel 1611: sebbene siano stati fatti i nomi di Giacomo Della Porta, di Carlo Maderno e di Giovanni Fontana, tuttora resta difficile determinarne l’attribuzione. Nel 1642 il palazzo fu venduto ai Patrizi, antica famiglia senese stabilitasi a Roma nel 1537 ed estintasi con Maria Virginia, sposa nel 1726 di Giovanni Chigi Montoro; questi prese il cognome dei Patrizi, la cui figlia Porzia sposò il marchese Tommaso Naro, da cui discendono i marchesi Patrizi Naro Montoro, attuali proprietari dell’edificio. Il palazzo fin dal 1690 fu oggetto di varie modifiche e ristrutturazioni operate, in particolare, nel primo Settecento da Sebastiano Cipriani; ulteriori lavori si ebbero nel 1747 ed altri rinnovamenti nel 1823 ad opera di Luigi Moneti. La facciata sviluppa su tre piani ed un mezzanino, oltre la sopraelevazione ottocentesca; il portale, decentrato, presenta due mensole con stelle e banda merlata, elementi araldici dello stemma Aldobrandini, che si ripetono anche sulle finestre e sul cornicione, ed è affiancato da due finestre architravate ed inferriate, due a destra ed una a sinistra. Al primo piano, quattro finestre con timpano triangolare e centinato alternato, sovrastati da festoni di frutta e nastri; al secondo, quattro finestre architravate, sovrastate da tre finestrelle ovali, una delle quali murata; al terzo, quattro finestre riquadrate, l’ultima delle quali è una porta-finestra che apre su un balcone ad angolo che gira su Via Giustiniani, sul quale la facciata presenta caratteristiche simili. Dal portale del palazzo si accede al cortile attraverso un vestibolo a volta con archi poggianti sul lesene singole e doppio alternativamente; a sinistra del vestibolo una sala con archi ribassati e statue entro nicchie. All’interno è notevole l’atrio del primo piano con soffitto a cassettoni del Cinquecento. Si distinguono un salone verde con un fregio rappresentante scene bibliche e quadri del Seicento e Settecento ed un salone da ballo con numerose tele, tra le quali “Le Muse” di Francesco Solimena. Sul soffitto della cappella vi sono affreschi del Settecento raffiguranti la “Vergine col Bambino” e tre beati della famiglia Patrizi, Saverio, Antonio e Francesco.
All’angolo della piazza con Via Giustiniani un cantonale bugnato fino al balcone custodisce una Madonnella (nella foto 14) costituita da un dipinto ad olio su tela raffigurante l’immagine dell’Addolorata, riprodotta a mani incrociate sul seno e sguardo rivolto al cielo. Intorno alla cornice quadrangolare sono disposti fregi a motivi floreali, festoni ed una ghirlanda di rose. Al di sopra vi è collocato un baldacchino in lamiera con elaborati motivi ornamentali a traforo a forma di merletto; l’edicola è completata da una lanterna a braccio.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Luigi dei Francesi di G.B.Falda