La chiesa di S.Agostino (nella foto sopra), situata nell’omonima piazza, fu una delle prime chiese romane del Rinascimento e le sue origini risalgono al XIV secolo quando gli agostiniani, che già officiavano la chiesa di S.Trifone in Posterula, decisero di costruire una nuova struttura per il loro convento e di dedicarla a S.Agostino. La nuova chiesa, edificata tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento ed ultimata soltanto nel 1420, risultò però troppo piccola per le esigenze della comunità conventuale e troppo in basso rispetto al corso del Tevere, soggetta quindi alle sue piene. Per questo motivo pochi anni dopo, tra il 1479 ed il 1483, la chiesa fu riedificata, perpendicolarmente rispetto alla precedente e rialzata dal piano stradale tramite una bella scalinata, ad opera di Giacomo da Pietrasanta e Sebastiano da Firenze e per volontà del cardinale Guillaume d’Estouteville. Soltanto nel 1484 gli agostiniani vi si trasferirono, lasciando la chiesa di S.Trifone alla confraternita del Ss.Sacramento. La chiesa di S.Trifone iuxta posterulas o in Posterula era di origini molto antiche, forse risalente all’VIII secolo, ed il nome le derivava dalle posterule, ossia i varchi aperti nelle limitrofe Mura Aureliane per accedere al Tevere. Nel 1287 papa Onorio IV la concesse agli eremitani di S.Agostino, i quali aggiunsero al nome originario quello di S.Agostino, loro santo protettore. La chiesa era situata presso via della Scrofa e fu demolita nel 1746 quando il Vanvitelli ingrandì il convento di S.Agostino. In questi stessi anni, tra il 1746 ed il 1750, Luigi Vanvitelli trasformò radicalmente anche l’interno della chiesa di S.Agostino, modificando la cupola emisferica su tamburo cilindrico, primo esempio di cupola rinascimentale a Roma, con una volta a catino; aggiunse inoltre le volute laterali della facciata e trasformò il campanile cuspidato quattrocentesco in una torre quadrata.
La maestosa facciata a due ordini è rivestita da blocchi di travertino provenienti, secondo la tradizione, dal Colosseo. Nel timpano sovrastante l’ingresso centrale è scolpito lo stemma del cardinale d’Estouteville; sulla facciata si legge il nome di chi la fece costruire: “GUILLERMOUS DE ESTOUTEVILLA EPISCO. OSTIEN. CARD. ROTHOMAGEN. S.R.E. CAMERARIUS FECIT MCCCCLXXXIII”, ovvero: “Guglielmo di Estouteville vescovo di Ostia, cardinale di Rouen, camerlengo di Santa Romana Chiesa, fece nel 1483”. Il portale principale è sormontato da un affresco, posto all’interno di un riquadro, raffigurante la Consegna della Regola Agostiniana (secolo XVIII) ed è affiancato da due portali minori sovrastati da due finestre tonde. L’interno, a croce latina, è suddiviso da pilastri in tre navate, con cinque cappelle su ognuna delle navate laterali, un transetto ed un’abside affiancata da altre cappelle. Varcato l’ingresso, sulla destra troviamo la famosa “Madonna del Parto” (nella foto 1), che la tradizione vuole fosse stata realizzata con l’adattamento di un’antica statua romana raffigurante “Agrippina con il piccolo Nerone in braccio“, mentre è superba fattura del 1516 di Jacopo Tatti detto “il Sansovino”. La Vergine, forse la più venerata della Madonne romane, è seduta in trono con il Bambino in piedi sulla gamba sinistra ed è traboccante di ex voto di ogni genere. Fin dagli inizi dell’Ottocento la scultura è considerata la protettrice delle partorienti tanto da essere appunto denominata la Madonna del Parto: lungo l’architrave corre infatti la scritta “VIRGO GLORIA TUA PARTUS” ovvero “O Vergine il parto è la tua gloria”. Una curiosità: Pio VII, nel 1822, concesse un’indulgenza a chi avesse baciato il piede che sporge dal panneggio della Vergine e la consuetudine ebbe un tale successo che il piede di marmo divenne in breve tempo talmente consumato da rendere necessaria la sostituzione con un piede d’argento, come è possibile tuttora notare.
La navata centrale è inquadrata da pilastri sostenenti arcate a tutto sesto, sopra le quali si snodano 12 storie della vita della Vergine Maria: in particolare, il terzo pilastro sinistro (nella foto 2) custodisce un gruppo marmoreo raffigurante la “Madonna con Bambino e S.Anna ”, opera di Andrea Contucci detto il Sansovino (nella foto 3), come indica l’iscrizione posta alla base della scultura “ANDREAS DEMONTE SANSOVINO FACIEBAT“. L’opera è famosa anche perché, nel giorno di S.Anna, tutti i poeti di Roma venivano ad appendere intorno alla scultura i loro componimenti poetici, che si conservano ancora in un volume custodito nella chiesa.
A questo gruppo scultoreo è collegato il sovrastante affresco di Raffaello (nella foto 4) del 1512 raffigurante il profeta Isaia fiancheggiato da due putti che reggono la scritta dedicatoria in greco “a S.Anna madre della Vergine, alla Vergine madre di Dio, a Cristo il Salvatore“, mentre il profeta mostra un cartiglio con la scritta in ebraico “aprite le porte onde il popolo che crede entri“.
L’altare maggiore (nella foto 5), progettato nel 1627 dal Bernini e realizzato da Orazio Turriani, fu inaugurato nel 1628 ed al centro è collocata l’icona bizantina raffigurante la “Vergine con Bambino” proveniente dalla chiesa di S.Sofia a Costantinopoli. La prima cappella della navata sinistra è la Cappella della Madonna di Loreto, famosa per ospitare uno dei massimi capolavori di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, la “Madonna dei Pellegrini” (nella foto 6). Le figure circondate dall’oscurità risaltano nella loro pienezza e drammaticità: ai piedi di una giovane madre appoggiata allo stipite di una casa povera, sono umilmente in ginocchio due pellegrini vestiti di stracci a mani giunte in segno di adorazione e gioia nel vedere le due dolci figure. Il bambino investito di spalle dalla luce rivolge loro lo sguardo come la mamma e tende la mano in segno di benedizione.
L’opera venne commissionata al Caravaggio, ai primi del ‘600, dal notaio bolognese Cavalletti per essere posizionata nella cappella di famiglia, ma quando il dipinto fu esposto al pubblico “ne fu fatto dai preti e da’ popolani estremo schiamazzo”. Secondo alcuni studiosi l’opera suscitò scalpore perché il Caravaggio utilizzò, come modella per la Madonna, tale Maddalena Antognetti, detta Lena, che varie fonti indicano come prostituta, altre come amante dello stesso Caravaggio. Proprio a Lena è legato uno dei vari episodi violenti legati al grande artista: sembra, infatti, che Lena avesse posato per il Caravaggio contro la volontà del notaio Mariano Pasqualone, spasimante della donna, e che questi avesse insultato la madre di Lena per averla ceduta “ad uno scomunicato e maledetto”.
Il carattere litigioso e violento dell’artista non si smentì neanche in questa circostanza tanto che a piazza Navona aggredì il Pasqualone con una scure, fatto questo che lo costrinse prima a chiedere asilo, per qualche tempo, proprio nella chiesa di S.Agostino e poi a fuggire a Genova. Probabilmente non fu la presenza di Lena nel dipinto a destare scalpore, bensì gli “umili pellegrini”, raffigurati con la pelle rugosa, gli abiti sdruciti ed i piedi piagati e sudici per il faticoso viaggio, nonché la cuffia della donna, anch’essa sporca e rovinata che andava contro i canoni non solo dell’arte del tempo, ma anche, e specialmente, di quelli derivanti dal Concilio di Trento. La seconda cappella è quella di Pio, così denominata in quanto il progetto della cappella fu affidato da Angelo Pio al Bernini. Segue la Cappella di S.Chiara, con la pala dell’altare di Sebastiano Conca (1680-1764); gli affreschi del catino sono attribuiti a Girolamo Nanni. La quarta cappella è quella di S.Apollonia, raffigurata con un’opera di Girolamo Muziano (1532-1592); di Francesco Rosa (1638-1687), allievo di Pietro da Cortona, sono i dipinti a lato dell’altare e sulla volta con l’affresco “Gloria di S.Apollonia”. La quinta cappella è dedicata a S.Giovanni di San Facondo. La navata di destra inizia con la cappella dedicata a S.Caterina, alla quale segue quella dedicata a S.Giuseppe. La terza cappella è dedicata a S.Rita, opera di Giovanni Contini (1641-1723), allievo del Bernini: sopra l’altare si trova l’Estasi di S.Rita di Giacinto Brandi (1623-1691). La quarta cappella è dedicata a S.Pietro, raffigurato nel gruppo marmoreo realizzato nel 1569 da Giovanni Battista Cassignola “Gesù che consegna le chiavi a S.Pietro”; nel timpano spezzato, sopra l’altare, si trova un Dio Padre circondato da cherubini, un dipinto su tavola attribuito alla scuola del Pinturicchio (fine del XV secolo). La navata chiude con la Cappella del Crocifisso, un pregevole Crocifisso ligneo del XVI secolo, davanti al quale la tradizione vuole si recasse a pregare S.Filippo Neri. Il transetto ospita due cappelle: a destra troviamo la Cappella di S.Agostino, che custodisce, sopra l’altare, il dipinto “S.Agostino tra S.Giovanni Battista e S.Paolo Eremita” del Guercino (Giovanni Francesco Guerrieri 1591-1666), mentre ai lati “S.Agostino lava i piedi al Redentore” (a sinistra) e “S.Agostino sconfigge le eresie” (a destra), opere del Lanfranco (1580-1647). Sul lato sinistro invece si trova la Cappella di S.Tommaso da Villanova, ricca di marmi pregiati, opera di Giovanni Baratta (1644-1679); la scultura sopra l’altare è “S.Tommaso da Villanova e la Carità” di Melchiorre Caffà (1638-1667), che fu ultimata da Ercole Ferrata (1610-1686) per la morte prematura del suo allievo; sopra al timpano il Dio Padre è ancora di Ercole Ferrata. Accanto all’altare troviamo le altre cappelle: a destra si trova la Cappella di S.Nicola da Tolentino, mentre a sinistra si trova la Cappella di S.Monica, madre di S.Agostino: il dipinto sopra l’altare è di Giovanni Gottardi (1733-1812), mentre gli affreschi della volta sono di Giovanni Battista Ricci. In questa cappella riposa S.Monica, morta ad Ostia nel 387 e trasportata nel 1430 nella chiesa di S.Trifone.
Al centro della parete sinistra si trova il sarcofago (nella foto 7) appartenente all’antico monumento dedicato alla Santa; la parte centrale di questo sarcofago è l’originale in cui S.Monica venne sepolta a Ostia, mentre la parte superiore fu scolpita da Isaia da Pisa nel 1455. Il sarcofago fu trasportato per volere di Luigi Vanvitelli da S.Trifone in questa chiesa nel 1750 e le reliquie poste all’interno dell’urna in marmo verde posta sotto l’altare. Accanto a questa si trova anche la cappella dedicata ai Santi Agostino e Guglielmo, uno dei capolavori di Lanfranco: entrando a sinistra vediamo “S.Guglielmo curato dalla Vergine”, di fronte “S.Agostino medita sulla Santa Trinità” e sull’altare “l’Incoronazione della Vergine con i Santi Agostino e Guglielmo”; l’affresco nella lunetta mostra gli “Apostoli intorno alla tomba vuota della Vergine”, mentre sulla volta “l’Assunzione della Vergine”. Nella chiesa, oltre a quella di S.Monica appena accennata, vi sono altre sepolture illustri, come i cardinali Lorenzo e Renato Imperiali, la penultima figlia di Lorenzo il Magnifico Contessina de’ Medici ed il cardinale Girolamo Verallo: è curioso notare che, insieme alle venerate spoglie di santi e cardinali, giacessero al proprio interno, unica chiesa di Roma, anche le salme di famose cortigiane di alto bordo, diversamente dalle prostitute di basso ceto che invece venivano sepolte nella zona del Muro Torto. In questa chiesa trovarono sepoltura Fiammetta, amante preferita di Cesare Borgia, Giulia Campana, la famosa Tullia d’Aragona e la sorella Penelope: le tombe sono tutte scomparse, forse eliminate dal furore della Controriforma. Le cortigiane erano assidue frequentatrici di S.Agostino, tanto che avevano dei banchi a loro destinati nelle prime file al fine di evitare che i fedeli, guardandole, si distraessero durante le prediche e le sacre funzioni. Il primo organo a canne dell’attuale basilica risale al 1431 e qui rimase sino al 1657-1658, quando venne sostituito da un nuovo strumento opera di Giuseppe Catarinozzi e Giuseppe Testa. Questo, distrutto da un incendio, fu sostituito da un altro organo, costruito da Giacomo Alari nel 1682. Nel 1838 venne inaugurato un nuovo strumento, voluto dal cardinale Cesare Brancadoro e costruito da Angelo Morettini ed ampliato nel 1867. Questo venne rimosso nei primi anni del XX secolo ed al suo posto venne installato un nuovo organo a canne, costruito nel 1905 da Carlo Vegezzi-Bossi e restaurato fra il 2005 e il 2007 dai suoi successori. Attualmente l’organo, collocato sull’apposita cantoria lignea in controfacciata, ha tre tastiere di 58 note ciascuna ed una pedaliera dritta di 30 ed è a trasmissione pneumatico-tubolare.