Nel 1620 la Congregazione milanese di Roma decise di onorare con questa chiesa il loro concittadino Cardinale Carlo Borromeo, da poco canonizzato. La chiesa di S.Carlo ai Catinari (nella foto sopra), situata in Piazza B.Cairoli ma sul territorio appartenente al rione S.Eustachio, fu eretta per i Barnabiti tra il 1612 ed il 1620 su progetto di Rosato Rosati, mentre la solenne facciata in travertino fu completata soltanto nel 1638 dall’architetto romano Giovanni Battista Soria. La facciata si compone di due ordini ognuno spartito da otto paraste con capitelli corinzi; la parte centrale è aggettante, con paraste abbinate ai lati e singole che fiancheggiano il portale centrale, sopra il quale vi è lo stemma del Cardinale Giambattista Leni, il quale donò i fondi nel 1627 per il restauro della chiesa. Sopra il portale principale vi è un affresco raffigurante “San Carlo Borromeo in preghiera” coronato dalla scritta in caratteri gotici “HUMILITAS”, che era il motto del santo. Nella fascia tra i due ordini si legge: “IO BAPTISTA S.R.E. CARDINALIS LENIUS ARCHIPR LATERAN A MDCXXXV“, sempre in riconoscimento al Cardinale Leni. L’ordine superiore è composto da una finestra con balaustra e colonne, affiancata da finestre e paraste; sul timpano superiore è apposto un altro grande stemma dei Leni.
Molto bella la cupola (nella foto 1), ultimata dal Rosati nel 1620: poggia su un alto tamburo sul quale si aprono dodici finestre ad arco poste tra due paraste. Le paraste continuano in costoloni nella calotta, che viene così suddivisa in dodici spicchi. Su ogni sezione si trova un occhio cieco sormontato da un timpano triangolare, mentre dodici finestrelle, ad arco ribassato, si aprono all’imposta della calotta. Altre dodici finestre, separate da colonnine, si trovano nel lanternino, coperto da un cupolino rivestito di piombo e sormontato da una sfera, contenente reliquie, con la croce. Purtroppo la cupola ha subìto diversi danni nel corso dei secoli, alcuni di tipo atmosferico (fu colpita da ben tre fulmini), altri di tipo “militare”, perché fu colpita da alcuni proiettili sparati dal Gianicolo durante gli scontri della Repubblica Romana nel 1849. Nella cornice del tamburo vi è la seguente iscrizione: “ECCE SACERDOS QUI IN DIEBUS SUIS PLACUIT DEO ET IN TEMPORE IRACUNDIAE FACTUS EST RECONCILIATO“. Nei quattro pennacchi Domenichino raffigurò le Virtù Cardinali: la “Prudenza”, la “Giustizia”, la “Fortezza” e la “Temperanza”. La denominazione “ai Catinari” deriva dalle antiche botteghe di fabbricanti di catini che si trovavano in questa zona. L’interno della chiesa, restaurato da Virginio Vespignani nel 1861, è a croce greca e custodisce varie opere importanti: un “S.Carlo Borromeo in processione con il Sacro Chiodo” di Pietro da Cortona, un “S.Carlo Borromeo in preghiera” di Guido Reni, un bellissimo Crocifisso bronzeo dello scultore Algardi ed un “Cristo deriso” del Cavalier d’Arpino.
A destra dell’abside si apre la cappella dedicata alla Madonna della Divina Provvidenza, così denominata in quanto, sull’altare, è collocato il dipinto raffigurante la Madonna della Divina Provvidenza, copia realizzata nel 1732 da Pietro Valentini dell’originale (nella foto 2) del 1594 di Scipione Pulzone, detto anche Scipione da Gaeta o Gaetano, donato nel 1663 ai Barnabiti e conservato nella cappella del coro superiore.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Carlo ai Catinari di G.Vasi