La Chiesa di S.Saba è il nucleo religioso di maggior spicco della zona, a cui lo stesso rione deve il toponimo. In origine era un antichissimo monastero, risalente all’inizio del secolo VIII, che, secondo la tradizione, si insediò in una casa appartenuta alla famiglia materna di Papa Gregorio Magno, a sua volta costruita su un preesistente edificio romano, probabilmente la caserma della “IV Coorte dei Vigili”. Il monastero venne istituito da monaci greci basiliani che al loro cenobio dettero il nome di “Cella Nova”, in ricordo del “larum novum“, un monastero di Gerusalemme anch’esso dedicato a S.Saba, abate di Palestina, morto nel 532. Nel X secolo il monastero probabilmente fu abitato da monaci benedettini, i quali avrebbero costruito la prima chiesa al di sopra dell’oratorio, che passò invece ad accogliere le sepolture dei monaci. Il monastero non subì successivamente sostanziali trasformazioni fino al momento della ricostruzione romanica avvenuta intorno al 1145, quando il monastero fu concesso ai monaci di Cluny da papa Lucio II. Sul vecchio oratorio a navata unica si impostò così il nuovo edificio a pianta basilicale, a somiglianza delle grandi chiese paleocristiane: tre navate, ognuna terminante con un’abside, scandite da colonne. La nuova chiesa fu dotata anche di un campanile, posto all’estremità occidentale della navata laterale sinistra: tipico esempio di torre medioevale con aperture a monofore, originariamente era più alto di quello attuale, ma fu necessario abbassarlo a causa della scarsa stabilità.
La costruzione alto-medioevale, però, non scomparve del tutto: la parete occidentale fu parzialmente rialzata ed inglobata in quella del nuovo edificio e furono conservati buona parte degli affreschi parietali, integri al di sotto del nuovo apparato murario. La Chiesa di S.Saba fu ulteriormente rifatta nel 1205 durante il pontificato di Innocenzo III: a tale data appartiene, oltre il bellissimo pavimento cosmatesco con cinque grandi dischi di marmi diversi posti al centro, anche il portale d’ingresso (nella foto 1), ove, insieme alla dedica al pontefice, si legge la firma di Jacopo, figlio di Lorenzo e padre di Cosma, che poi dette il nome alla celebre stirpe di marmorari: “AD HONOREM DOMINI NOSTRI IHV XP ANNO VII PONTIFICATUS DOMINI INNOCENTII III P.P. HOC OPUS DOMINO IOHANNE ABATE IUBENTE FACTUM EST P(ER) MANUS MAGISTRI IACOBI“, ovvero “In onore di Nostro Signore Gesù Cristo, nel settimo anno di pontificato del Signore Innocenzo III Padre dei Padri. quest’opera fu fatta su richiesta del Signor Abate Giovanni per mano del Maestro Jacopo”. La decorazione, con motivi a stelle e rombi con tessere oro, rosse e blu, asseconda la cornice marmorea, ravvivandola col suo gioco di riflessi cromatici. Il portale è sormontato da un affresco del 1575 raffigurante la Madonna tra San Saba e Sant’Andrea.
La nuova dedica ai Ss.Saba ed Ansano si ebbe nella metà del secolo XV, quando il monastero fu sotto la guida del Cardinale Piccolomini, al quale si devono l’attuale facciata, la decorazione del tetto a capriate e l’arco trionfale. Agli inizi del secolo successivo il complesso fu affidato ai Cistercensi, quindi ai Canonici Regolari ed infine al Collegio Germanico Ungarico retto dai Gesuiti, ai quali tuttora è affidata la parrocchia. Ulteriori restauri si ebbero sotto Gregorio XIII (1572-81), Pio VI (1775-99) ed infine nei primi decenni del Novecento, tra il 1932 ed il 1943: a quest’ultimo si deve l’aspetto attuale della chiesa. L’accesso della Chiesa di S.Saba avviene attraverso un bellissimo protiro del XIII secolo (nella foto in alto sotto il titolo), posto in cima ad una scalinata, dal quale si entra in un cortile dove prospetta la facciata della chiesa (nella foto 2), costituita da un porticato a sei pilastri in laterizio con piattabanda in travertino, qui posti da Papa Pio VI in sostituzione delle originali quattro colonne di marmo di Numidia e delle due colonne centrali di rosso porfido che poggiavano su leoni stilofori, risalenti all’intervento quattrocentesco del cardinale Piccolomini. Al di sopra del porticato vi è una compatta struttura in laterizio scandita da cinque finestre, contornate da fasce in travertino, e da quattro finestre, ora chiuse, anch’esse contornate da fasce in travertino.
La facciata si chiude con un loggiato ad archi a tutto sesto sostenuti da colonne con capitelli a foglie lisce: al di sopra del breve tetto spiovente si intravvede la parte terminale del timpano, sormontato da una croce in ferro, ed il campanile. Sotto il portico vi sono situati molti reperti (nella foto 3), appartenenti sia all’antico complesso di S.Saba sia alla circostante zona archeologica: capitelli, iscrizioni, altari, rocchi di colonne, frammenti di sarcofagi murati alle pareti ed un grande sarcofago strigilato con la scena della “dextrarum iunctio“, ovvero la rappresentazione dei due coniugi nell’atto di stringersi la mano destra.
L’interno della Chiesa di S.Saba (nella foto 4) è a tre navate, divise da 14 colonne appartenenti ad edifici pagani, e concluse da tre absidi; la navata centrale, che risulta essere il doppio di quelle laterali, è illuminata da una serie di otto finestre che si aprono su entrambi i lati e presenta una magnifica copertura a capriate lignee. Nel presbiterio vi sono l’altare maggiore ed il ciborio, sorretto da quattro colonne in marmo nero venato di bianco; l’abside custodisce, oltre alla sedia episcopale ornata da un grande disco con mosaici cosmateschi, gli splendidi affreschi del 1575 che probabilmente ripropongono il mosaico dell’VIII secolo andato perduto. Nel 1943 fu sistemata, nella navata destra, parte della “schola cantorum“, che venne ricomposta utilizzando vari frammenti che erano stati a loro volta reimpiegati nella navata centrale. Esiste, inoltre, una sorta di quarta navata sul lato sinistro (forse un originario portico) sulle cui pareti sono ancora visibili gli affreschi del secolo XIII. Vogliamo segnalare un’iscrizione posta sul portale esterno, sulla sinistra, dove si può leggere, rinchiusa in poche parole, una bella vicenda: “ex qua domo cotidie pia mater mittebat ad clivum Scauri scutellam leguminum“, ossia “da questa casa ogni giorno la pia madre portava una scodella di legumi al Clivo di Scauro“. Il significato di questa scritta sta nel fatto che la madre di S.Gregorio Magno, S.Silvia, portava il cibo al figlio, che abitava nel monastero di S.Andrea, in una tazza di argento (che poi Gregorio donò come elemosina).
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Saba di E.R.Franz