Tutta la zona oggi compresa tra via Venti Settembre a sud, via Salaria ad est, le Mura Aureliane a nord e via Veneto ad ovest era occupata, un tempo, dagli “Horti Sallustiani“, costruiti nel 40 a.C. dal celebre storico Caio Crispo Sallustio (che qui compose le due famose opere “Le Storie” e “La congiura di Catilina“) sull’area in precedenza proprietà di Gaio Giulio Cesare. Alla morte dello scrittore, avvenuta nel 34 a.C., gli Horti passarono in eredità al nipote Quinto e poi nel 20 d.C. divennero proprietà del demanio imperiale. Gli horti divennero spesso la residenza temporanea degli imperatori, in alternativa alla sede ufficiale del Palatino: si sa che Vespasiano vi soggiornò spesso e che Nerva vi morì. Importanti lavori di ampliamento ed abbellimento vi furono realizzati da Adriano e da Aureliano. Quest’ultimo costruì una “Porticus Miliarensis” nella quale amava cavalcare: doveva trattarsi di uno di quegli “ippodromi”, assai diffusi nelle ville romane, che erano insieme portici, giardini e maneggi. Fu proprio in questi horti che venne ritrovato l’obelisco che dal 1789 si innalza a Trinità dei Monti, probabilmente utilizzato come spina dell’ippodromo. Quando Alarico nel 410 occupò la città, entrando dalla “porta Salaria“, la villa subì gravissimi danni e non fu più ricostruita. Gli Horti Sallustiani erano percorsi interamente dall’Acqua Sallustiana, che alimentava numerose fontane, ambienti termali e ninfei. Uno dei nuclei principali sorgeva in fondo alla valle che divideva il Quirinale dal Pincio, ora del tutto scomparsa, che corrispondeva alla zona oggi percorsa da via Sallustiana e si concludeva verso est con un edificio, del quale rimangono imponenti resti al centro di piazza Sallustio, 14 metri al di sotto del livello stradale. Lo scavo fu condotto da Giuseppe Spithoever, insieme al quale collaborò anche Rodolfo Lanciani.
Nella foto in alto possiamo osservare il vestibolo di forma rettangolare, in origine raggiungibile tramite una scala che saliva dalla valle sottostante, fiancheggiato da due alti pilastri in laterizio preceduti in antichità da altrettante colonne che reggevano un grande timpano, come si è potuto rilevare da vecchie stampe che lo riproducono. Oltrepassato l’ingresso costituito da una grande porta a vetri, frutto di restauri moderni, si accede in un primo ambiente di forma quadrata con volta a botte e due nicchie semicircolari sulle pareti. Da qui si passa nella grande aula a pianta circolare del diametro di metri 11,20 per un’altezza di metri 13,30, coperta da una volta a padiglione (a spicchi concavi e piani alternati), nella quale si aprono nicchie alle pareti, originariamente rivestite da una zoccolatura di lastre marmoree e decorate di stucchi nella parte superiore. L’aula è affiancata da due ambienti, probabilmente due piccoli ninfei. Dalla grande rotonda, dopo un ambiente simmetrico al vestibolo e munito di due nicchie alle pareti, si apre un’aula rettangolare, fiancheggiata da due ambienti minori, con una piccola nicchia semicircolare sulla parete di fondo e la volta a botte: probabilmente la sala aveva la funzione di una grande “coenatio” estiva, ovvero una sala da pranzo utilizzata soprattutto nei mesi caldi. I bolli laterizi permettono di attribuire tutto il complesso all’ultimo decennio del regno di Adriano, dopo il 126 d.C. Nella foto 1 possiamo notare altri ambienti nei quali si insinua una scala a più rampe che terminava con una terrazza al livello del piano superiore dell’edificio. Tra la quarta e la quinta rampa della scala una porta immetteva in un complesso autonomo situato tra gli ambienti inferiori e la terrazza. Si tratta di un insieme di quattro stanze che formavano un appartamento con pareti affrescate, forse destinato a brevi periodi di riposo dei frequentatori del padiglione.
Altri resti di edifici appartenuti agli Horti Sallustiani: una cisterna composta da otto navate distribuite su due piani situata sotto il Collegio Germanico Ungarico in via di S.Nicola da Tolentino, un lussuoso ninfeo decorato con splendidi mosaici policromi di carattere mitologico posto all’interno dell’odierna Caserma dei Corazzieri in via Venti Settembre, un criptoportico con pitture del III secolo d.C. posto nel garage dell’Ambasciata Americana ed un muro a nicchie, forse un grande ninfeo che si fa risalire alla fine dell’età repubblicana, ben visibile lungo il muro di recinzione dell’Ambasciata Americana su via Lucullo (nella foto 2).