Prima che nel 1837 fosse istituito il Campo Verano, numerosi piccoli cimiteri costellavano le aree disabitate entro la cerchia delle Mura Aureliane: di essi, il Cimitero Acattolico (conosciuto anche come Cimitero Protestante) in Via Caio Cestio è il solo ad aver conservato il sito e la funzione. La comunità degli stranieri residenti a Roma aveva acquistato nei primi decenni del Settecento una piccola area a ridosso della Piramide Cestia per farne il luogo di sepoltura dei propri defunti. Fino ad allora gli stranieri, nella quasi totalità di religione diversa dalla cattolica, non erano ammessi alla sepoltura entro le mura. Il nucleo di questo nuovo cimitero era a ridosso delle Mura Aureliane, ma comunque all’interno: per questo motivo, nonostante ne avessero l’autorizzazione, le sepolture degli acattolici avvenivano di notte, sia per rispetto della legislazione dello Stato Pontificio, sia per diminuire i rischi di rappresaglie e di manifestazioni di intolleranza religiosa. A riprova di ciò, nel 1824, Leone XII autorizzò lo scavo di un fossato che arginasse, o quantomeno ostacolasse, le frequenti profanazioni: soltanto nel 1870 il fossato, ormai interrato, fu sostituito da un muro.
Il portale in stile neo-gotico (nella foto 1) che immette all’interno del Cimitero Acattolico si apre entro una muratura in peperino terminante a forma di torre merlata: sopra vi è la scritta “RESURRECTURIS“, ovvero “A coloro che risorgeranno”. È significativo che, almeno nelle zone più antiche del cimitero, non compaiano croci, né cenni ad una vita ultraterrena, perché fino al 1870 tali segni ed iscrizioni erano vietati dalle autorità ecclesiastiche sui sepolcri dei defunti acattolici. Durante gli scavi archeologici del 1928, volti ad abbassare il terreno per riportare alla luce la base della Piramide Cestia, furono rinvenute le spoglie ed una lastra di piombo di quella che sembra essere la più antica sepoltura del luogo, datata 1738, ed appartenente ad un giovane studente inglese di nome George Langton. Il nucleo originario del Cimitero Acattolico è quello oggi conosciuto come “parte antica” (prossimo a via Marmorata ed alla Piramide Cestia); soltanto nel 1821 il cardinale Consalvi, Segretario di Stato Pontificio, aveva accondisceso alle pressanti richieste dei diplomatici stranieri e concesso un appezzamento rettangolare, recintato a spese del Governo pontificio, delimitato dalle Mura Aureliane, dalla “parte antica” e da via Caio Cestio, oggi indicato come “zona vecchia”. L’attuale estensione fu raggiunta il 21 gennaio 1894, quando il Consiglio comunale approvò la cessione all’ambasciata di Germania ed alle colonie estere acattoliche di altri 4.300 metri quadrati di terreno. L’intera area venne quindi unificata, agli inizi del Novecento, con la recinzione che tuttora percorre Via Caio Cestio. La cosiddetta “parte antica” corrisponde ad un’ampia distesa erbosa con i monumenti funebri disposti in ordine sparso (tutti, tranne una decina, anteriori al 1822) e con gli alberi radi, perché proibiti nel 1821 dal Segretario di Stato Pontificio con il pretesto che avrebbero ostacolato la vista della Piramide.
La “parte antica” ospita le due tombe più conosciute ed amate dai visitatori, due stele gemelle appartenenti l’una, quella con la lira e senza nome, al poeta inglese John Keats (nella foto 2), l’altra, con la tavolozza dei colori, all’amico pittore Joseph Severn (nella foto 4). Keats giunse a Roma nel 1820, dimorando presso la Casina Rossa di piazza di Spagna, e morì il 24 febbraio 1821 all’età di 25 anni. Con sensibilità tipicamente romantica, pochi giorni prima di morire, Keats chiese a Severn di descrivergli il cimitero presso la Piramide, rallegrandosi dell’aspetto campestre e dei fiori che vi crescevano. L’epitaffio sulla stele così recita: “THIS GRAVE CONTAINS ALL THAT WAS MORTAL OF A YOUNG ENGLISH POET, WHO, ON HIS DEATH BED, IN THE BITTERNESS OF HIS HEART, AT THE MALICIOUS POWER OF HIS ENEMIES, DESIRED THESE WORDS TO BE ENGRAVEN ON HIS TOMB STONE “HERE LIES ONE WHOSE NAME WAS WRIT IN WATER. FEB 24th 1821”, ovvero “Questa tomba contiene tutto ciò che fu mortale di un giovane poeta inglese che, sul suo letto di morte, nell’amarezza del suo cuore, in risposta al potere maligno dei suoi nemici, desiderò che queste parole fossero scolpite sulla sua pietra tombale: “Qui giace uno il cui nome fu scritto nell’acqua”.
Fu lo stesso Keats ad esprimere il desiderio che sulla sua tomba non venisse scritto alcun nome o data, soltanto la frase “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”, mentre la lira greca con quattro delle otto corde spezzate voleva significare, come spiegò in seguito Severn, “il suo Genio Classico spezzato dalla morte prematura”. Alla sinistra della tomba, appesa ad un muro, si può notare una lapide (nella foto 3) con un medaglione contenente il profilo di Keats ed accompagnato da un acrostico (ovvero un componimento poetico nel quale le prime lettere di ogni verso, lette per ordine, danno origine ad un nome): “K-eats! if thy cherished name be “writ in water” – E-ach drop has fallen from some mourner’s cheek; – A-sacred tribute; such as heroes seek, – T-hough oft in vain – for dazzling deeds of slaughter – S-leep on! Not honoured less for Epitaph so meek!”, ovvero “Keats! se il tuo caro nome è “scritto sull’acqua”, Ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange; Un sacro tributo; così come gli eroi cercano di fare, Sebbene spesso invano – azioni straordinarie di carnefice, Riposa! Non meno onorato per un epitaffio così mite!“
Il nome di Keats appare anche sulla seconda stele, quella di Joseph Severn, morto in tarda età nel 1879 e sepolto accanto all’amico soltanto nel 1882, in seguito ad una sottoscrizione pubblica: la sua lapide fu realizzata con dimensione e forma simile a quella dell’amico e l’epitaffio così recita: “To the Memory of JOSEPH SEVERN Devoted friend and death-bed companion of JOHN KEATS whom he lived to see numbered among The Immortal Poets of England – An Artist eminent for his representations of Italian Life and Nature British Consul at Rome from 1861 to 1872 and Officer of the Crown of Italy in recognition of his services to Freedom and Humanity – Died 3 Aug 1879 aged 85”, ovvero “Alla memoria di JOSEPH SEVERN, amico devoto e compagno in punto di morte di JOHN KEATS, che visse abbastanza a lungo per vederlo annoverato tra i Poeti Immortali d’Inghilterra – Un artista eminente per le sue rappresentazioni della Vita e della Natura Italiana, Console britannico a Roma dal 1861 al 1872 e Ufficiale della Corona d’Italia in riconoscimento dei suoi servizi alla Libertà e all’Umanità – Morto il 3 Agosto 1879 all’età di 85 anni”.
Dopo il 1822 iniziarono le sepolture nella “zona vecchia”, nella quale troviamo numerose tombe dal fascino altrettanto antico e romantico, come quella di un altro grande poeta inglese, Percy Bysshe Shelley, morto in un naufragio tra Livorno e San Terenzo (Lerici) l’8 luglio 1822 durante una gita in barca a vela; quella di Devereux Plantagenet Cockburn (nella foto 5), un soldato scozzese morto nel 1850 all’età di 21 anni, che fu rappresentato dallo scultore Benjamin Edward Spence come una figura distesa, con il suo cane preferito accanto ed un’iscrizione che loda le sue “rare doti intellettuali e fisiche”, o come quella di William Wetmore Story e di sua moglie Emelyn, una tomba che, per la bellezza e la storia che racchiude in sé, è divenuta quasi il simbolo del Cimitero Acattolico. William (che dopo la sua morte fu seppellito nella stessa tomba della moglie) era uno scultore americano che nel 1894 realizzò la bellissima scultura che orna il sepolcro, “L’Angelo del Dolore” (nella foto in alto sotto il titolo), un angelo dalle fattezze femminili che, riverso sulla tomba, rende molto bene la disperazione per la perdita della persona amata, la moglie Emelyn.
La “zona nuova”, divisa a sua volta in tre zone, custodisce, tra le altre, le tombe del deputato Antonio Labriola, di Antonio Gramsci e del figlio dello scrittore Johann Wolfgang von Goethe, August, morto nel 1830 a 40 anni, ornata con la scritta “Goethe Filius” (nella foto 6) e da un medaglione-ritratto opera di Bertel Thorvaldsen (oggi vi è una copia in bronzo). Sono quasi 4.000 i defunti che riposano nel Cimitero Acattolico: per la maggior parte inglesi e tedeschi, ma anche americani, scandinavi, russi e greci, di religione protestante ed ortodossa, ma anche islamica o buddista. Le iscrizioni sono in più di 15 lingue diverse, spesso incise con i caratteri della scrittura di appartenenza. Nel 1910 vi fu un accordo formale con l’allora Sindaco di Roma, Ernesto Nathan, con il quale si definì il Cimitero come culturalmente importante e degno perciò di speciali salvaguardie; nel 1918 fu dichiarato Zona Monumentale d’Interesse Nazionale.