Il più importante porto di Roma, perciò detto “Grande”, fu quello di Ripa (nella foto sopra). Già dal IX-X secolo gli scali fluviali si trasferirono su questa sponda, in quella che si chiamò “Ripa Romea” dai pellegrini (ovvero i “romei”) in contrapposizione allo scalo commerciale della sponda opposta, la “Ripa Graeca“. Il porto di Ripa inizialmente era assai modesto, ovvero una piccola banchina ed una scaletta che la univa al piano stradale, ma a causa degli aumentati traffici, si andò pian piano estendendo fino ad assumere un aspetto più “pratico”, con due scale poste una di fronte all’altra ed alcune casette, situate in prossimità del fiume, adibite ad Uffici della Dogana. Al porto potevano arrivare solo velieri di medio tonnellaggio; quelli di stazza maggiore dovevano scaricare le merci a Fiumicino, che venivano trasportate poi in città attraverso il fiume su piccoli bastimenti trainati da bufali lungo la riva destra del Tevere o tirati mediante robuste funi da lunghe file di uomini detti “pilorciatori” (da cui il termine “spilorcio” nel significato traslato di “tirato”, ovvero avaro). Intorno all’850 papa Leone IV, preoccupato dalle minacce dei saraceni (per lo stesso motivo fece costruire anche le mura della Città Leonina), fece costruire due torri su entrambe le rive, a valle del movimento portuale, per assicurarsi contro una risalita a sorpresa del fiume: di notte una catena veniva tirata fra le due torri per sbarrare il passaggio. Poi fece costruire un’altra torre più a valle, alla quale si addossava una cappelletta con un’immagine alla quale i marinai rivolgevano l’ultimo saluto: era la “Madonna del Buon Viaggio”. L’incremento del traffico fluviale costrinse papa Innocenzo XII ad ampliare, nel 1693, il porto, riunendo gli Uffici della Dogana in un unico complesso ed affidandone l’incarico all’architetto Mattia De Rossi. Questi realizzò un grande fabbricato accanto alla porta Portese, allargò la banchina e sistemò il porto con muraglioni e nuove rampe, che un’elegante cordonata raccordava ad un’ampia piazzola: fu da allora che si chiamò Porto di Ripa Grande.
Situato di fronte all’antico Emporium, ma naturalmente collegato al porto di Ripa Grande, fu insediato l’Arsenale Pontificio (nella foto 1), un cantiere che serviva principalmente a riparare i barconi e le chiatte che discendevano e risalivano il fiume.
Fu commissionato dalla Camera Apostolica nel 1714, sotto il pontificato di Clemente XI, ed è caratterizzato da due navate accessibili mediante una duplice arcata a sesto acuto e dal tetto a capanna, con al centro un “occhialone” nel quale fu posto lo stemma del pontefice (nella foto 2) sorretto da ippocampi uscenti dall’acqua. L’arsenale svolse la sua funzione fino al 1880 circa, cioè fino a quando i nuovi argini del Tevere lo privarono di ogni possibile contatto con il fiume. Lo scenario del complesso architettonico raggiunse il suo apice con la torre-faro sormontata da una lanterna, che fu fatta costruire ai primi dell’800 da papa Pio VII. Il porto scomparve sia perché fu costruita la ferrovia Roma-Civitavecchia, che portava più facilmente a Roma le merci, sia per i “muraglioni” del Tevere.
Scomparvero anche le due torri: quella sulla sponda destra fu demolita per la costruzione dell’Ospizio di S.Michele, quella sulla sponda opposta per la costruzione del relativo lungotevere. Oggi, a memoria di quest’altro grande “pezzo” della storia di Roma, rimane soltanto la doppia rampa, come si può notare nella foto 3.
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