La Basilica di S.Cecilia in Trastevere (nella foto sopra), situata nella piazza omonima, sorge sulla casa della martire romana Cecilia e di suo marito Valeriano. Gli scavi sotto la chiesa, effettuati durante il restauro del 1899, evidenziarono effettivamente un gruppo di antichi edifici di età repubblicana con muri in opera quadrata di tufo ed una colonna dorica. In fondo ad una nicchia vi è un rilievo in tufo rappresentante “Minerva” davanti ad un altare. L’edificio mostra restauri e rifacimenti di età successiva, dal II al IV secolo d.C., quando venne unificato con altre costruzioni già esistenti e risalenti all’età repubblicana. Oltre a diversi ambienti costruiti in opera laterizia e con resti di mosaici pavimentali, vi è anche una grande stanza caratterizzata dalla presenza nel pavimento di sette vasche cilindriche in mattoni, forse utilizzate per la concia delle pelli: ciò fa supporre che possa trattarsi dei “Coraria Septimiana“, una manifattura per la lavorazione delle pelli che sappiamo essere stata in questa regio XIV. La casa fu trasformata in “titulus“, denominato “Caeciliae“, già nel V secolo finché S.Gregorio Magno fece costruire la basilica primitiva nel VI secolo. La Passio di S.Cecilia narra che la giovane fosse stata data in sposa al nobile Valeriano, che convertì nel giorno del matrimonio comunicandogli il suo voto di castità. Valeriano ed il fratello Tiburzio, anch’esso convertito al cristianesimo, si dedicavano alla sepoltura dei corpi dei martiri cristiani che incontravano lungo la strada, contravvenendo ad un ordine del prefetto Almachio e per questo motivo vennero arrestati e, dopo atroci torture, decapitati. Cecilia, che pregava sulla tomba del marito e del cognato, venne chiamata davanti al prefetto che ne ordinò la morte per soffocamento nella sua stessa camera da bagno (oggi i sotterranei della chiesa, dove tuttora si trova il “calidarium“). Dopo un giorno ed una notte, però, la giovane non era ancora stata soffocata dai vapori caldissimi ed allora il prefetto ordinò che venisse decapitata: tre colpi di spada non riuscirono a staccarle la testa dal collo ed il boia la lasciò sul patibolo nel suo sangue. Cecilia morì dopo tre giorni di agonia duranti i quali convertì tutti i suoi familiari al cristianesimo.
Per molto tempo il corpo della santa non fu trovato, finché nell’820 venne rinvenuto nelle Catacombe di S.Callisto, miracolosamente intatto ed avvolto in una veste candida trapuntata d’oro. Nell’821 Papa Pasquale I fece trasportare il corpo della santa nella chiesa di S.Cecilia in Trastevere e fu in questa occasione che ne ordinò la ricostruzione. Nel corso dei restauri avvenuti fra i secoli XII e XIII furono costruiti il portico, il campanile ed il chiostro; nel 1540 fu aggiunto il coro e nel 1600 furono realizzati la nuova confessione, il rialzamento del presbiterio e gli altari laterali. Nel 1599 il cardinale Sfondrati, nel corso di ulteriori restauri, fece riesumare anche il corpo della santa per valutarne lo stato di conservazione: questo fu rinvenuto, ancora in perfetto stato, in una cassa di cipresso contenuta a sua volta entro un’urna di marmo, “con la veste di seta intarsiata con fili d’oro, scalza, con un velo rivolto intorno alli capelli, giacendo con la faccia rivolta in terra, con li segni del sangue e di tre ferite sul collo“.
Il corpo, esposto per un mese alla venerazione dei fedeli “sopra un ricchissimo talamo, in una stanza munita di grosse inferriate e vigilata continuamente dalla Guardia Svizzera e per impedire la folla di carrozze furono sbarrate tutte le strade di Trastevere” e poi venne sepolto nella cripta all’interno di una sfarzosa cassa di 254 libbre d’argento. In questa occasione il Cardinale Sfondrati commissionò a Stefano Maderno la celebre statua marmorea della santa (nella foto 1), situata di fronte all’altare e riprodotta nella medesima posizione in cui fu ritrovata: è interessante osservare la posizione delle dita che indicano la Trinità, ovvero l’indice alzato della mano sinistra ed il pollice, l’indice ed il medio alzati della mano destra. Una copia della scultura (effettuata da Mc Bride di New York) fu deposta anche nelle Catacombe di S.Callisto, nella cripta dove fu rinvenuto il corpo. Il 22 novembre 1740 (giorno della festa di S.Cecilia) Papa Benedetto XIV venne in visita privata nella Basilica di S.Cecilia in Trastevere e le monache regalarono al pontefice un reliquario d’oro contenente un piccolo pezzo di pannolino intriso nel sangue della santa. Ulteriori restauri avvennero nel XVIII secolo per volontà dei cardinali Troiano Acquaviva e Giacomo Doria: proprio a questi lavori si deve il monumentale prospetto barocco (nella foto 2), opera di Ferdinando Fuga, costituito da quattro colonne sulle quali poggia una lunga trabeazione ed un timpano spezzato che reca lo stemma del Cardinale Acquaviva, ovvero due leoni rampanti, alcuni gigli di Francia e croci a due bracci trasversali.
Il portale immette in un vasto cortile in mezzo al quale si trova una vasca quadrata sormontata da una grande anfora in pietra (nella foto 3), di origine paleocristiana, ricavata da un antico “cantharus“, ovvero un vaso per le abluzioni rituali che i fedeli utilizzavano prima di entrare in chiesa, il cui ricordo resta nel nostro uso di bagnare le dita nella vasca dell’acqua benedetta. Il giardino è chiuso sui due lati dal monastero delle suore francescane a destra e da quello delle suore benedettine a sinistra. La facciata della Basilica di S.Cecilia in Trastevere, anch’essa opera del Fuga, è semplice, preceduta da un portico a quattro colonne ioniche con architrave, decorato da un mosaico del XII secolo in cui vi sono alcuni dischi con effigie di santi e dalla soprastante iscrizione FRANCISCUS TITU(LUS) SANCTAE CAECILIAE CAR(DINALIS) DE ACQUAVIVA, ovvero “Cardinale Francesco Acquaviva Titolare di Santa Cecilia”. Nelle pareti del portico sono murati frammenti di tombe e lapidi: sulla destra è situato il monumento funebre del cardinale Sfondrati.
Il campanile (nella foto 4) è composto di cinque ordini: i primi due sono a bifora a pilastro, gli ultimi tre a trifora con colonnine, capitelli a stampella ed archetti a doppia ghiera. La cella campanaria ospita una piccola campana del XIII secolo ed altre due donate nel 1344 dal cardinale titolare della chiesa Guido de Boulogne. L’interno è diviso in tre navate da massicci pilastri quadrati che inglobano le antiche colonne della basilica. Nell’abside vi è il grande mosaico raffigurante il “Redentore con i Ss.Agata, Paolo, Pasquale I, Pietro, Valeriano e Cecilia”. Nel presbiterio si trova la grande opera in stile gotico di Arnoldo di Cambio risalente al XIII secolo, mentre nella volta campeggia il grandioso affresco di Sebastiano Conca, “Il Trionfo di S.Cecilia”, realizzato nel 1724.
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