Via di S.Dorotea (nella foto sopra) collega Piazza di S.Giovanni della Malva a Via della Scala e prende il nome dalla chiesa che qui sorge dedicata ai Ss.Silvestro e Dorotea, come ricorda l’iscrizione situata sopra il portale: “OMNIPOTENTI DEO IN HONOREM SS. SYLVESTRI PAPÆ AC DOROTHEÆ VIRGINIS ET MARTYRIS“, ovvero “A Dio Onnipotente in onore dei Ss.Silvestro Papa e Dorotea Vergine e Martire”. La chiesa è di origini assai antiche: un’antica memoria vuole che qui sorgesse una cappella costruita con le elemosine di Papa Silvestro e conosciuta, nel secolo VIII, con dedica al Ss.Salvatore. La stessa chiesa, conosciuta con il nome di “S.Silvestro ad portam Septimianam“, ovvero “S.Silvestro presso Porta Settimiana”, è ricordata in una bolla del 1123 di Papa Callisto II. La dedica a S.Dorotea fu aggiunta nel Cinquecento, quando Papa Sisto IV ristrutturò completamente la chiesa in preparazione dell’Anno Santo del 1500 e vi fu inumato il corpo della santa decapitata presso Cesarea di Cappadocia sotto l’Imperatore Diocleziano (III-IV secolo). L’edificio attuale si deve ad una profonda ristrutturazione, con annesso convento, eseguita tra il 1750 ed il 1756 dall’architetto Giovan Battista Nolli, ben più famoso per la sua pianta di Roma.
La facciata concava (nella foto 1) è inquadrata da quattro grandi paraste che sorreggono un piccolo attico ed un grande timpano ribassato. L’interno è a navata unica con sei altari laterali ed una profonda abside semicircolare.
A destra, presso la cappella che custodisce l’olio su tela raffigurante S.Antonio da Padova di Lorenzo Gramiccia, è conservata la salma di Giovanni Battista Nolli con la lapide (nella foto 2) che così recita: “D O M IOANNES BAPTISTA NOLLI NOVOCOMENSIS GEOMETRA ET ARCHITECTVS NOVISSIMA VRBIS ICHNOGRAPHIA ET TEMPLI HVIVS DESSIGNATIONE IN PRIMIS NOBILIS HIC SITVS EST – OBIIT V NON IVL AN MDCCLVI”, ovvero “A Dio Ottimo Massimo – Qui giace Giovanni Battista Nolli di Como geometra ed architetto noto soprattutto per la nuovissima mappa della città e per lo schema di questa chiesa – morì il quinto giorno prima delle None di Luglio (a luglio le None cadevano il settimo giorno del mese, per cui, tenendo presente il sistema inclusivo romano, corrisponde al 3 luglio) dell’Anno 1756”.
L’altare maggiore (nella foto 3) raccoglie l’urna marmorea del XIX secolo con i resti di S.Dorotea ed è adornato da candelieri di bronzo e dalla croce. La pala che raffigura i “Ss.Silvestro e Dorotea che venerano la Vergine Maria“, è di Michele Bucci del secolo XVII, mentre il quadretto della “Madonna del Divino Amore” è di ignoto romano (fine XV ed inizio XVI secolo).
Nella foto 4 possiamo ammirare il medaglione funerario realizzato nel XVI secolo a ricordo della traslazione dei resti della martire Dorotea, mentre a destra si può notare il cippo romano, commissionato da Giuliano De Datis, sul quale vi sono le iscrizioni commemorative della traslazione della santa; sopra si trova un Crocifisso del XII secolo.
La parte centrale della navata è coperta da una volta a pianta ottagonale (nella foto 5): quattro larghi costoloni la dividono in altrettante sezioni decorate da Giacinto Bocchetti nel 1931 con episodi della “Vita di S.Dorotea” e di altri santi francescani.
La foto 6, vista dall’interno di Villa Farnesina, ci permette di ammirare la parte esterna dell’abside semicircolare, sormontata da un terrazzo chiuso da un tetto di tegole, appartenente ad una fase anteriore alla ricostruzione (tra il XV ed il XVII secolo), Nella stessa foto si può osservare la lanterna cilindrica, coperta con un tetto di tegole, su cui si aprono quattro finestre ad arco, ed il campanile, situato sul lato destro dell’abside. In questa chiesa fu fondata nel 1497 la Compagnia del Divino Amore che, fra le altre generose iniziative, creò l’Ospedale degli Incurabili.
Interessante notare che, nelle stanze attigue alla sagrestia, S.Giuseppe Calasanzio istituì nel 1597 la prima scuola popolare gratuita d’Europa, come ricorda la lapide (nella foto 7) apposta sul portale laterale: “L’ATTIGUA CHIESA FERVIDE ACCOLSE LE PREGHIERE E ASSIDUI I VOTI DI S.GIUSEPPE CALASANZIO MENTRE QUESTA CASA PARROCCHIALE OSPITAVA NASCENTI LE SUE SCUOLE PIE DA LUI PER LA PRIMA VOLTA NELL’AUTUNNO DEL 1597 APERTE QUI AI FIGLI DI TUTTO IL POPOLO PRECORRENDO I TEMPI CON INTUITO SAPIENTE DI CRISTIANO BENEFATTORE – I PADRI E GLI EX ALLIEVI DELLE SCUOLE PIE NEL 350° POSERO – 27 NOVEMBRE 1947”. Vogliamo ricordare che S.Dorotea era una di quelle chiese alle porte delle quali era uso affiggere, fino al 1870, gli elenchi dei non adempienti al precetto pasquale.
Via di S.Dorotea custodisce anche una casa quattrocentesca (nella foto 8), situata al civico 20, ad angolo con via di Porta Settimiana, con una caratteristica finestra incorniciata da un arco a sesto acuto riccamente decorato: la tradizione vuole che questa fosse la Casa della Fornarina, ovvero la figlia di un fornaio che lavorava nella bottega del piano terra, dove una colonna d’epoca romana, lasciata a vista, mostra le tracce di un antico portico. La Fornarina, sempre secondo la tradizione, sarebbe stato il soprannome della bella Margherita Luti o Luzzi, la quale si affacciava proprio da quella finestrella ad arco per salutare il suo celebre amante, ovvero Raffaello Sanzio, che la immortalò in vari suoi affreschi, tra i quali probabilmente il più famoso è proprio la “Fornarina“, conservato nella Galleria Nazionale di Arte Antica di palazzo Barberini. La tradizione collega alla famosa Fornarina altre due case: una nella vicina Via del Cedro e l’altra a Via del Governo Vecchio, per cui diventa davvero difficile discernere la verità dalla leggenda: l’unica certezza sembra essere il ritiro della bella Margherita nel Monastero di S.Apollonia, lì rifugiatasi dopo la scomparsa del suo grande amore.