Villa Lante (nella foto sopra) è posta sulla sommità del Gianicolo e fu fatta costruire da Baldassarre Turini, ricco mecenate di origine toscana e ben introdotto alla corte pontificia, in quel periodo in mano ai pontefici della famiglia Medici, tanto da essere dapprima nominato datario di Leone X e poi segretario di Clemente VII. Le notizie che riguardano la costruzione della villa sono assai scarse: si può desumere, sulla base di alcuni documenti, che i lavori iniziarono nel 1518 e che l’architetto fu Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello, mentre la decorazione pittorica fu eseguita da altri artisti della scuola: Vincenzo Tamagni da S.Gimignano, Polidoro da Caravaggio e Maturino. Dopo un’interruzione di alcuni anni, probabilmente tra il 1521 ed il 1523, ovvero dalla morte di papa Leone X alla nomina di Clemente VII, i lavori furono portati a termine nel 1525. L’entusiasmante presenza nel salone del famoso graffito “A dì 6 de magio 1527 fo la presa di Roma” ci informa che la villa venne conquistata durante il Sacco di Roma, ignorando però se sia stata anche danneggiata.
La villa presentava un giardino di forma quadrangolare antistante la facciata ed un viale in asse con la palazzina. Il proprietario la utilizzò come residenza di campagna per feste e riunioni letterarie, ma non molto tempo dopo la sua morte, avvenuta nel 1543, gli eredi prima affittarono la villa al cardinale Georges D’Armagnac, ambasciatore di Francia, e poi, nel 1551, vendettero la proprietà ai Lante, anch’essi di origine toscana, presenti a Roma sin dal Trecento. Questa famiglia, proprietaria di alcuni terreni limitrofi, provvide ad ampliare ancora di più il giardino, che si estendeva lungo il pendio verso via della Lungara e ricopriva gran parte del colle fino all’orto del convento di S.Onofrio. Una parte di questo terreno venne però tagliata quando Urbano VIII, all’inizio del 1640, fece costruire le Mura Gianicolensi: a risarcimento del danno, i Lante ottennero la villa di Bagnaia ed il titolo di duchi di Bomarzo. Nel 1817, a causa dei dissesti finanziari della famiglia Lante, la villa fu acquistata dal principe Camillo Borghese, il quale fece restaurare l’edificio all’architetto Luigi Canina. Nel 1837 l’edificio, con il terreno, fu ceduto a Maddalena Sofia Barat, fondatrice della Congregazione delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, che vi fece costruire la chiesa del Sacro Cuore di Gesù con ingresso da via di S.Francesco di Sales. La sistemazione a parco pubblico di questa zona del Gianicolo portò via a villa Lante una grossa parte del giardino, che restò abbandonato a sé stesso, così come anche l’edificio.
Quando la villa non fu più necessaria al convento, le suore decisero di affittarla: nel 1880 fu locata all’archeologo Wolfgang Helbig ed alla moglie Nadine Schahawskoy, che vi risiedettero fino alla loro morte, avvenuta, rispettivamente, nel 1915 e nel 1922. I coniugi Helbig, che nel 1909 avevano poi acquistato la villa, provvidero ad un importante restauro dell’edificio e del giardino, apportandovi anche un bel periodo di gloria, perché numerosi furono gli ospiti di riguardo, come Carducci, D’Annunzio, Tolstoj e Wagner. Nel 1950 i loro eredi vendettero la proprietà allo Stato di Finlandia, che lo destinò a sede della sua Ambasciata presso la Santa Sede e dell’Institutum Romanum Finlandiae, che si occupa di ricerche archeologiche. Villa Lante, situata al civico 10 della Passeggiata del Gianicolo e costruita su un rudere antico (forse la “villa di Marziale”) o medioevale, è fra le ville rinascimentali romane quella che più ha conservato il suo aspetto originario, tranne che per la ricca cancellata (nella foto 1) che precede la villa, fiancheggiata da due antiche colonne doriche, leggermente arretrata rispetto a quella originaria durante i lavori effettuati dagli Helbig. La facciata (nella foto sotto il titolo) sviluppa su un pianterreno rialzato, autentico piano nobile, un primo piano ed un ammezzato; una doppia rampa di scale, che nell’Ottocento sostituì la scala originaria, introduce al portale (nella foto 2), fiancheggiato da due semicolonne in peperino, ai lati del quale vi sono due finestre entro paraste doriche binate. Il primo piano è scandito da paraste ioniche in stucco ai lati di tre finestre con balcone, collegate da un architrave sopra il quale si trova l’ammezzato con finestrelle quadrate. Il piano nobile è composto dal salone di forma quasi quadrata, da tre sale più piccole, dal vestibolo e dalla loggia, che si estende sulla facciata orientale. Il vestibolo presenta una forma rettangolare con volta a botte e conduce direttamente al salone, anch’esso di forma rettangolare e coperto da una volta “a specchio” con le originarie divisioni in comparti, all’interno delle quali vi erano dipinti e sculture. Tra questi, otto busti in terracotta ed otto ovali dipinti con le imprese araldiche del Turini e di Clemente VII; al centro svetta ancora lo stemma di papa Paolo V Borghese. Gli scomparti vuoti, invece, conservavano 32 affreschi piccoli con amorini e divinità e 4 più grandi con storie inerenti al Gianicolo: tra questi ricordiamo il “Rinvenimento dei sarcofaghi di Numa Pompilio” di Polidoro da Caravaggio. Nel 1837, quando l’edificio fu acquistato dall’ordine religioso del Sacro Cuore, che vi creò un asilo infantile, gli affreschi, per i loro temi, furono ritenuti indecenti.
La famiglia Borghese ottenne così il permesso dal papa di staccarli e soltanto nel 1891 furono acquistati da Henriette Hertz e collocati a palazzo Zuccari. Dal salone si passa infine alla splendida loggia (nella foto 3) con il motivo della serliana (ovvero una finestra trifora scandita da colonne con l’apertura centrale ad arco e due aperture laterali architravate) e decorata con stucchi eseguiti nel 1531 da Giovanni da Udine: chiusa nel 1807 dal Valadier, fu riaperta nel 1950 quando divenne proprietà finlandese.