Piazza dei Crociferi, già “piazza Ceri” dalla omonima famiglia che abitò nell’edificio oggi conosciuto come palazzo Poli, prende il nome dai religiosi ospitalieri creati da S.Camillo de Lellis nel 1584 per l’assistenza agli infermi, presso i quali si recavano portando in mano una croce lignea, in seguito sostituita da una di panno rosso cucita sulla tonaca. Su Piazza dei Crociferi è situata la chiesa di S.Maria in Trivio (nella foto sopra), la storia della quale iniziò nel VI secolo, sotto l’imperatore Giustiniano, quando l’Impero Romano era dilaniato dalle incursioni dei Vandali e dei Goti. Per far fronte alla situazione, il comando dell’esercito venne affidato ad un giovane ufficiale di nome Belisario che in pochi anni riuscì a respingere i barbari ed a riportare la pace. Durante questo periodo Belisario, sospettando che papa Silverio tramasse contro di lui, lo destituì esiliandolo nell’isola di Ponza.
Poco tempo dopo il pontefice morì e Belisario, pentitosi del suo gesto ed in preda al rimorso, fece costruire un piccolo oratorio con annesso uno xenodochio, ossia un ospizio per pellegrini infermi e poveri. Nell’XI secolo, al posto dell’oratorio oramai in rovina, fu edificata una piccola chiesa che, in ricordo dell’ospizio, fu denominata “S.Maria in Xenodochio“, conosciuta anche come “S.Maria in Fornica“, dai fornici dell’acquedotto Vergine che transitavano nelle immediate vicinanze della chiesa. Tra il 1573 ed il 1575 la chiesa fu ricostruita nelle forme attuali per volere di Gregorio XIII, che commissionò il lavoro a Jacopo del Duca, allievo di Michelangelo, e la affidò ai padri Crociferi. Fu in questo periodo che il nome della chiesa si trasformò in S.Maria in Trivio o “Trejo“, ossia all’incrocio di tre strade, un termine che con il tempo si trasformò in “Trevi”, da cui il nome del rione e dell’adiacente fontana di Trevi. Nel 1656 l’Ordine dei Crociferi fu soppresso da papa Alessandro VI e la chiesa fu affidata ai Ministri degli Infermi, che l’accrebbero di maggiore splendore, avviando la nuova decorazione dell’interno ed affidando ad Antonio Gherardi la realizzazione degli affreschi della volta. Nel 1839 la chiesa fu affidata ai Chierici Minori di S.Francesco Caracciolo ed infine, nel 1854, per volontà di Pio IX, alla Congregazione del Preziosissimo Sangue, che tuttora la officiano e che vi trasferirono la tomba del loro fondatore, S.Gaspare del Bufalo (nella foto 1).
La facciata, tripartita da lesene, è opera di Jacopo del Duca, mentre l’interno, a navata unica con quattro cappelle per lato, conserva numerose sepolture di membri di illustri e nobili famiglie medioevali romane, nonché molte opere d’arte di sommo interesse, come il bellissimo organo in legno intagliato e dorato con elementi vegetali del XVIII secolo. Sull’altare maggiore (nella foto 2), nell’edicola che sovrasta il tabernacolo, si trova una tavola quattrocentesca raffigurante una “Madonna con Bambino”, inserita all’interno di una grande raggiera dorata e sormontata da una corona donata dal Capitolo Vaticano nel 1677. Degna di nota anche la volta (nella foto 3), affrescata nel 1670 dal pittore Antonio Gherardi: incorniciata da stucchi dorati, presenta raffigurazioni riguardanti la “Vita di Maria”. Al centro troviamo tre scene: la “Presentazione di Maria al tempio”, “l’Assunzione” e la “Circoncisione di Gesù”, mentre attorno a queste tre scene centrali, si sviluppano altre raffigurazioni come la “Natività della Vergine”, la “Visita di Elisabetta”, la “Fuga in Egitto”, “Gesù fra i dottori nel tempio”, “l’Adorazione dei Magi” e la “Sacra Famiglia”. Su Piazza dei Crociferi si affaccia anche Palazzo Poli (nella foto 4), ovvero quanto rimane del grandioso complesso che, nella sua massima estensione, andava da via del Pozzetto a piazza di Trevi, finché nel 1885 non venne tagliato per l’apertura di via del Tritone. La sua origine risale ad un edificio su via dei Crociferi appartenuto a Balduino del Monte, finché nel 1566 lo acquistarono i Ceri, duchi di Cesi, che lo fecero ristrutturare da Martino Longhi il Vecchio e, alla morte di questi, dal Mascherino, che vi costruì un’imponente altana.
L’edificio aveva un’ampia facciata con un piano nobile e due mezzanini; confinava con un palazzo dei Cornaro, mentre sul retro veniva eretta la fontana dell’acquedotto Vergine, che Urbano VIII voleva più ampia e ne aveva commissionato la costruzione al Bernini. Nel 1678 il palazzo assunse la denominazione di Poli dai nuovi proprietari, i Conti, duchi di Poli, che acquistarono anche l’edificio dei Cornaro, costituendo così un enorme complesso con la facciata su via della Stamperia. Numerosi furono i lavori di restauro di questo grandioso palazzo, che ormai identificava la propria fronte su piazza di Trevi. Così, quando si trattò di appoggiare la nuova e splendida fontana di Nicola Salvi, questi vi apportò cambiamenti, inserendovi paraste e colonne corinzie ed adattando l’incavo tra le due parti del palazzo per la nicchia in cui appare la statua dell’Oceano sul carro trainato da cavalli.
Da allora il palazzo fu chiamato “lo schiavo della fontana“, a significare come risultasse sacrificato dalla costruzione del Salvi, anche se oggi possiamo affermare con certezza che mai vi fu sacrificio più gradito perché la fontana è la decorazione più sublime che un palazzo abbia mai avuto. Nel 1812 l’edificio fu venduto ai Boncompagni che s’impegnarono in numerosi lavori di restauro, tra spese tanto ingenti che ritennero opportuno affittare alcuni appartamenti. Ed in uno di questi visse dal 1816 al 1837 il poeta Giuseppe Gioachino Belli con la moglie Maria Conti, soltanto omonima della famiglia proprietaria del palazzo. Dal 1835 abitò al primo piano del palazzo anche la principessa Zenaide Wolkonski, che riunì nel suo salotto le persone più insigni dell’aristocrazia e della cultura romana; e qui il Belli lesse spesso i suoi sonetti romaneschi suscitando l’ammirazione di scrittori come Saint-Beuve e Gogol. In seguito agli sventramenti avvenuti nel periodo umbertino, il palazzo fu al centro di una serie di demolizioni. Tutto partì dal Piano Regolatore del Viviani: gli eredi Boncompagni vendettero il palazzo nel 1884 alla ditta Basesi-Belluni e Fratelli Vitali, che procedette alla demolizione del complesso nella parte centrale dell’edificio per l’apertura di via del Tritone, costruendo poi sull’area residua i fabbricati che prospettano oggi su piazza Poli. Vi fu allora una controversia con il Comune di Roma, poiché gli acquirenti pretendevano di estendere le nuove costruzioni in un autentico abuso. La causa finì in un compromesso: il Comune conservò l’ultima parte dell’edificio, per un’estensione di metri 25 su piazza dei Crociferi e di altrettanti metri su via della Stamperia. Si salvò così la parte che ospitava la “Sala Dante”, destinata dal 1860 al 1899 a concerti e manifestazioni culturali, tra le quali alcune conferenze sulla “Divina Commedia”, donde il nome. In seguito vi ebbe sede l’Anagrafe comunale, finché nel 1936 il palazzo fu venduto ad imprenditori privati, dai quali lo Stato lo riscattò nel 1978.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Maria in Trivio di G.Vasi