La chiesa di S.Marcello (nella foto sopra), situata nella piccola Piazza di S.Marcello che si apre lungo Via del Corso, ha origini assai antiche: il primo cenno storico della sua esistenza risale al 29 dicembre 418, dopo la morte di Papa Zosimo, in una lettera con la quale il Prefetto di Roma, Simmaco, informava l’Imperatore Onorio della contemporanea elezione, avvenuta il giorno prima, di Papa Bonifacio I, nella chiesa di Marcello, e di Eulalio (antipapa), nella Basilica lateranense. Il fondatore del titulus fu, secondo il Liber Pontificalis e la Passio Marcelli, Papa Marcello I (308-309), perseguitato da Massenzio e condannato a compiere i lavori più umili nelle stalle del catabulum (la sede della Stazione della Posta Imperiale che qui si trovava) fino alla morte avvenuta per sfinimento. La chiesa venne ricostruita una prima volta nel XII secolo: l’edificio, a pianta basilicale, aveva però un orientamento opposto a quello attuale, con l’ingresso ad oriente (verso il Quirinale) tramite un atrio a quadriportico e l’abside ad occidente sulla Via Lata (l’attuale Via del Corso). Nel 1368 venne affidata all’Ordine dei Servi di Maria che ancora oggi la officiano. Un incendio distrusse completamente la chiesa nel 1519 e così l’8 ottobre dello stesso anno Papa Leone X ne ordinò la riedificazione affidandone i lavori a Jacopo Sansovino: fu in questa occasione che l’orientamento venne nuovamente capovolto e la chiesa assunse l’assetto attuale. Ai lavori di riedificazione contribuirono vari architetti, tra i quali Giovanni Mangone, Giovanni da Firenze, detto Nanni di Baccio Bigio, e suo figlio Annibale Lippi, al quale si deve l’armoniosa abside. La movimentata facciata barocca della seconda metà del Seicento è di Carlo Fontana: concava, a due ordini ed interamente in travertino, presenta sopra il portale un tondo in stucco, sorretto da due angeli, raffigurante “S.Filippo Benizzi che rinuncia alla tiara“, opera di Antonio Raggi del 1683. Poco più sotto, ai lati dell’ingresso, due coppie di colonne per lato, sormontate da capitelli corinzi, sorreggono il frontone con arco non chiuso, in mezzo al quale si erge un’edicola vuota, che avrebbe dovuto contenere un bassorilievo. Adagiate sul frontone vi sono le figure della “Fede” e della “Speranza“, di Andrea Fucigna, risalenti al 1701, così come pure della stessa epoca e dello stesso autore sono le statue dei Beati “Gioacchino Piccolomini” e “Francesco Patrizi“, poste l’una in prossimità del campanile e l’altra sul lato opposto ed entrambe accompagnate da un ramo di palma. Altre due coppie di colonne individuano uno spazio intermedio tra le prime ed il fondo concavo della facciata. Alle due estremità della facciata sono collocate, in ampie nicchie, le statue in travertino dei Santi “Marcello” (a sinistra, guardando la chiesa) e “Filippo Benizzi” (a destra, con la tiara ai suoi piedi, segno della rinuncia al Soglio), opere eseguite nel 1686 da Francesco Cavallini. Conclude il tutto, poco sotto la croce, uno stemma araldico di monsignor Carlo Antonio Boncompagni Cataldi, a ricordare per sempre il munifico ricostruttore della chiesa cinquecentesca.
L’interno (nella foto 1), a navata unica con cinque cappelle per lato con archi a tutto sesto, custodisce uno splendido soffitto cinquecentesco a lacunari lignei, realizzato negli anni 1592-94 su disegno di Carlo Lambardi a spese di monsignor Giulio Vitelli. Dieci finestroni, cinque per lato sulla trabeazione, danno luce all’ampio vano. Splendida la controfacciata, dominata dal grande affresco raffigurante la “Crocifissione“, eseguito da Giovan Battista Ricci da Novara nel 1613; sulla parete d’ingresso, a destra di chi entra, sta il cenotafio del cardinale Francesco Cennini, opera di Giovan Francesco De Rossi, detto il Vecchietta (1668).
A sinistra il doppio monumento funebre (nella foto 2) del cardinale Giovanni Michiel e del vescovo Antonio Orso, tradizionalmente attribuita a Jacopo Sansovino sulla base di una citazione di Giorgio Vasari, ma probabilmente frutto della collaborazione di più artisti. Le statue dei defunti sono collocate all’interno di una grande nicchia che poggia su un basamento recante l’epigrafe, ai lati della quale sono due putti che recano una torcia rivolta a terra, convenzionale simbolo della vita che si estingue. In alto è raffigurato Giovanni Michiel, appartenente ad una storica famiglia veneziana; il cardinale, candidato al papato nel conclave del 1492, poi conclusosi con l’elezione di Rodrigo Borgia (Alessandro VI), era deceduto il 14 aprile del 1503, avvelenato da Cesare Borgia, che si era così impadronito delle sue ricchezze. Più in basso il nipote Antonio Orso, sdraiato su un catafalco, al di sotto del quale vi sono dei volumi che alludono alla sua collezione bibliotecaria, costituita da circa 730 codici, donata proprio al convento di S.Marcello. Degne di menzione sono la prima cappella a destra, ovvero la Cappella dell’Annunciazione, con la pala d’altare raffigurante l’Annunciazione a Maria realizzata da Lazzaro Baldi (1623-1703), allievo di Pietro da Cortona; nella volta il pittore viterbese Tarquinio Ligustri raffigurò, nel 1607, un “Colonnato in scorcio” e dei puttini che circondano la Colomba dello Spirito Santo.
In questa cappella si conserva il gruppo ligneo della Pietà (nella foto 3), scolpito nel 1700 e facente parte di una macchina processionale; la scultura viene tradizionalmente ascritta alla scuola berniniana.
In prossimità della seconda cappella, quella dedicata alle Sante Degna e Merita, è situato un magnifico pulpito (nella foto 4), realizzato da Carlo Torriani nel 1673 su disegno dell’architetto Giovanni Maria de Rossi. L’Angelo, seduto sul mondo stellato, sorregge il pulpito, opera dello scultore Paolo Naldini, uno dei più assidui collaboratori del Bernini.
La quarta cappella a destra, la Cappella del Crocifisso (nella foto 5), custodisce una scultura lignea quattrocentesca che rappresenta l’oggetto di maggiore venerazione della chiesa, particolarmente amata dai fedeli di Roma sin dal 1519, quando, nella notte tra il 22 e il 23 maggio, si salvò miracolosamente da un violento incendio che distrusse la chiesa. Ad esso, portato in processione per tutta Roma, venne attribuita anche la cessazione della peste nel 1522: fu così che da quell’evento prodigioso ebbe origine l’Arciconfraternita del Ss.Crocifisso. La miracolosa immagine durante gli Anni Santi viene portata processionalmente alla Basilica Vaticana ed ivi esposta alla venerazione dei fedeli. Gli affreschi della volta sono opera di Perin del Vaga (Creazione di Eva e gli Evangelisti Marco e Giovanni) e di Daniele da Volterra (Evangelisti Marco e Luca) su cartoni dello stesso Perin del Vaga. Sull’altare un prezioso ciborio è opera di Carlo Francesco Bizzacheri (1655-1721). La mensa dell’altare è sostenuta da un cippo funerario romano del III secolo, ricoperto nel XII secolo da un mosaico con una scritta che ricorda la ricognizione di reliquie di martiri tratte da un antico cimitero sulla via Salaria. A sinistra il monumento funerario del Cardinale Consalvi e del fratello Andrea è opera di Rinaldo Rinaldi (1793-1873), allievo del Canova. Sulla parete opposta il monumento del Cardinale Carlo Grano (titolare di S. Marcello dal 1967 al 1976) è opera di Tommaso Gismondi.
La Cappella Maggiore (nella foto 6) presenta l’altare maggiore, opera di Virgilio Vespignani, con la conca absidale ed il sottarco interamente affrescati da Giovan Battista Ricci con “Storie della Vergine”; la pala d’altare raffigura la “Gloria di S.Marcello“, opera di Silverio Capparoni (1866). I seggi in noce del coro furono realizzati nel 1642 e l’organo è un Mascioni del 1942.
Infine la quarta cappella a sinistra, la Cappella di S.Paolo (nella foto 7), custodisce i dipinti di Taddeo Zuccari (1529-1566) e raffigurano “Storie della vita di S.Paolo“. Nelle pareti laterali sei nicchie con busti di membri della famiglia Frangipane: tre di questi, e precisamente quelli di Muzio e dei suoi figli Lelio e Roberto, sono opera del celebre scultore Alessandro Algardi (1602-1654).