Vicolo Scanderbeg

vicolo scanderbeg

Vicolo Scanderbeg prende il nome dal palazzetto che ospitò il principe albanese Giorgio Castriota, detto “Scanderbeg” (dal turco “Iskander”, ovvero Alessandro, e “beg”, signore, principe) che combatté per l’indipendenza della sua terra dai Turchi.

palazzetto scanderbeg
1 Palazzetto Scanderbeg

Nel 1466 Scanderbeg venne a Roma per chiedere aiuto a Paolo II a favore del popolo cristiano albanese in lotta contro i Turchi e fu ospitato nel palazzetto al civico 117 (nella foto 1) che da lui prese il nome. Probabilmente l’edificio in seguito venne acquistato dal Castriota in quanto una tradizione vuole che egli abbia imposto agli eredi di restaurare il suo ritratto eseguito sul portale del palazzetto ogni volta che fosse necessario.

ritratto di scanderbeg su portale
2 Ritratto ed iscrizione su portale

Il suo ritratto (nella foto 2), con barba bianca e fez rosso, è contenuto in un tondo centrale ai cui lati vi è la seguente iscrizione: “GEOR CASTRIOTA A SCANDERBEG PRINCEPS EPIRI AD FIDEM ICONIS REST AN DOM MDCCCXLIII”, ovvero “Giorgio Castriota detto Scanderbeg, Principe dell’Epiro, restaurata fedelmente l’icona nell’Anno del Signore 1843”. L’edificio, in forme eclettiche cinquecentesche, si sviluppa su quattro piani, di cui il primo ed il secondo con finestre architravate, il terzo ed il quarto (che fa parte della sopraelevazione ottocentesca) con semplice cornice. Al pianterreno il portale, inquadrato da paraste quattrocentesche con capitelli compositi, è affiancato da due piccole finestre e da due rimesse. Racchiude il tutto un bel cornicione a mensole. L’edificio subì numerose trasformazioni nel susseguirsi dei proprietari: nel Settecento i Boli, i Balzaretti ed i Malvezzi, nell’Ottocento Francesco Gobert, il quale lo fece trasformare radicalmente da Virginio Vespignani nel 1843. Attualmente è sede dell’Hotel Palazzo Scanderbeg.
Vicolo Scanderbeg fu il primo a Roma ad avere un nome straniero ed infatti il popolo, data la difficoltosa pronuncia del soprannome, chiamò il vicolo “Scannabecchi“. Il vicolo e la piazza costituiscono uno dei luoghi più pittoreschi di Roma, una sorta di paradiso, serrato tra case erette o rinnovate tra il Seicento e l’Ottocento; ne aumenta il valore pittorico l’Arco della Dataria (nella foto sotto il titolo), poggiante su belle mensole di gusto seicentesco, che lo scavalca e che fu costruito nel 1860 per unire il Palazzo della Dataria al Palazzo della Panetteria.